Dati generali
Produzione: | Dyson Lovell per la lcon.Carolco Entertainment |
Sceneggiatura: | Christophe De Vore, Franco Zeffirelli |
Musica: | Ennio Morricone |
Fotografia: | David Watkin |
Montaggio: | Richard Marden |
Interpreti: | Mel Gibson (Amleto)
Glenn Close (regina Gertrude), Alan Bates (Claudio) Paul Scofield (il fantasma) lan Holm (Polonio) Helena Bonham - Carter (Ofelia) Stephen Dillane (Horatio) Nathaniel Parker (Laerte) Sean Murray (Guildestern) Michael Maloney (Rosencrantz), Trevor Peacock (Gravedigger) |
Distribuzione: | Amendola-Vicini |
Sinopsi
Castello di Elsinore, Danimarca, A meno di due mesi dalla morte
del marito la regina Gertrude accetta di sposare Claudio, fratello del
defunto sposo. Amleto, il giovane principe, già profondamente scosso
per la morte del padre, si rifiuta di partecipare alle feste per le nozze.
L'amico Orazio gli riferisce di aver visto il fantasma del re comparire
sul torrione. Amleto si reca sul luogo e incontro il padre che gli rivela
di essere stato ucciso da Claudio. Chiede al figlio di vendicarlo. Amleto
non è sicuro di avere ascoltato la verità e decide di cercare
le prove fingendosi pazzo. Il suo comportamento bizzarro viene subito notato
nel castello. Polonio, consigliere di corte e padre di Ofelia, si convince
rapidamente che la causa della pazzia di Amleto sia da attribuire all'amore
per sua figlia Ofelia. Gertrude però non è convinta della
spiegazione e fa in modo che i due si incontrino. Amleto, consapevole di
essere osservato, tratta Ofelia in modo rude e le rivolge parole dure.
La giovane reagisce e Claudio, informato dell'accaduto, decide di allontanare
il nipote da Elsinore, inviandolo in Inghilterra dove pensa di farlo eliminare.
Fa quindi chiamare due amici del principe, Rosencrantz e Guildestern perchè
lo accompagnino nel viaggio e consegnino una lettera sigillata al re d'Inghilterra
che gli deve dei favori.
Giunge nel frattempo a corte una compagnia di attori girovaghi a
cui Amleto consegna una tragedia da lui scritta sull'uccisione del padre.
Claudio, insieme alla regina e alla corte, viene invitato ad assistere
alla rappresentazione. Nel corso dello spettacolo il re, assalito dai sensi
di colpa, si sente male. Gertrude fa sospendere la recita. A questo punto
Amleto è convinto della colpevolezza del padre e pensa di ucciderlo.
Claudio si rifugia in chiesa a pregare. Nella camera della madre Amleto
rivela tutti i suoi sospetti. A un certo punto, messo in sospetto da un
improvviso movimento di un tendaggia estrae la spada e colpisce. L'ucciso
non è un sicario o Claudio ma il vecchio Polonio.
Amleto è costretto a lasciare la Danimarca e, mentre è
in viaggio, Ofelia impazzisce e si suicida annegando. Laerte, suo fratello,
alla notizia della morte del padre e della sorella, torna al castello per
vendicarsi. Contemporaneamente vi fa ritorno anche Amleto, sopravvissuto
alle trame di Claudio. Claudio fa in modo che i due combattono e avvelena
la punta della spada di Laerte così come il vino che deve essere
offerto ad Amleto e viene invece bevuto da Gertrude. Amleto viene ferito
ma, prima di morire, colpisce a morte Laerte e il re. Muoiono tutti. L'unico
che si salva è Orazio a cui spetterà il compito di narrare
le vicende del principe danese.
Dal testo teatrale a quello cinematografico Aspetti narrativi e linguistici"Una rappresentazione integrale dell'Amleto è impossibile per la buona ragione che durerebbe circa sei ore. Bisogna scegliere, bisogna scorciare e tagliare. Si può rappresentare uno solo degli Amleti contenuti in questo superdramma. Sarà sempre un Amleto più povero di quello di shakespeariano, ma può anche essere un Amleto arricchito dalla nostra contemporaneità. Può esserlo; preferirei dire: deve esserlo, Jan Kott, in Shakespeare nostro contemporaneo, espone con sintesi efficace il compito che spetta a chiunque voglia mettere in scena Amleto. E' ciò che anche Christopher De Vore e Franco Zeffirelli hanno dovuto fare per portare sullo schermo questa versione cinematografica dell'Amleto che aveva come antecedente l'illustre classico realizzato nel 1948 da Laurence Olivier. I tagli e gli spostamenti di testo sono considerevoli così come indicative sono le scelte degli attori. L'affidare a Mel Gibson il ruolo di protagonista è il primo segno esplicito della 'lettura' zeffirelliana. Un Amleto liberato dal pallore del volto e dalla macerazione interiore in favore di un personaggio atletico e giocato tutto sull'estroversione drammatica. Circondato da un gruppo di attori ben noti al pubblico come Glenn Close e Helena Bonham Carter, il protagonista si trova dinanzi a una versione del dramma destinata dal regista al vasto pubblico nella linea dei suoi precedenti 'incontri' con Shakespeare (La bisbetica domata e Romeo e Giulietta).
Quella che invece non viene tralosciata è la lettura del rapporto edipico tra Amleto e Gertrude, sottolineata dal bacio sulla bocca che la madre gli dà prima di correre via, come una Giulietta che sboccia all'amore, a rag-giungere il cognato amante. Amleto, ancora uno volta, guarda dall'alto. La scelta di muoversi innanzitutto sulle dinamiche che intercorrono tra i viventi, prima di affrontare il tema della vendetta, porta allo spostamento in avanti della rivelazione della visione del fantasma per lasciare spazio alla partenza di Laerte e al conseguente colloquio di Ofelia con il padre, Il tutto si trova sotto lo sguardo vigile ma guardingo di Amleto con il quale, attraverso un calibrato uso delle soggettive, lo spettatore è indotto a iden-tificarsi. La dimensione 'esterna' al castello viene suggerita dal dialogo che si sviluppa sugli spalti, con lo forte presenza dei gabbiani e con la visione del mare.
Amleto è uomo colto; la prosecuzione del colloquio nel suo
studio ricco di strumenti scientifici ne è testimonianza. Ancora
sul piano della scenografia va notato come il banchetto di nozze venga
costantemente tenuto in campo, sul piano sonoro e anche su quello visivo
a contrasto con la ricer-ca di Amleto, il quale si muove su spalti che
disegnano un labirinto nottur-no in cui inseguire lo spettro del padre,
La mdp alterna continui' piani' ravvi-cinati costruendo un ritmo interno
al dialogo che spezza e dinamizza gli interventi. Nel momento in cui lo
spettro scompare un campo lungo ci mostra Amleto che si muove, ormai deciso
alla vendetta, in uno sorta di Stonehenge turrita. Il ritorno alle tonalità
fortemente rossastre del banchet-to visto dall'alto (con un piano ravvicinato
dei neosposi tutto a favore dello spettatore) ci riconduce alla più
vieta realtà prima di riportarci 'in alto' nel luogo in cui avviene
il giuramento. E' il principe a chiedere il giura-mento, un essere in carne,
ossa e nervi, non uno spettro.
Una dissolvenza incrociata tra il volto di Amleto e il castello
visto in campo lunghissimo in una giornata di sole, costituisce il passaggio
a quello che, nel testo, è identificabile come secondo atto. Il
racconto successivo di Ofelia viene qui sintetizzato in una scena in cui
la giovane e il principe si inseguono in un muto gioco di sguardi a cui
si sovrappone quello, dall'al-to, di Polonio. Qualsiasi riferimento a Rosencrantz
e Guildestern viene momentaneamente omesso così come, in questo
caso in modo coeren-temente assoluto, qualsiasi citazione dell'esistenza
di Fortebraccio. La ten-denza a sottolineare i rapporti 'privati' tra i
personaggi, sottraendoli agli sguardi espliciti degli astanti, si conferma
nel dialogo tra Amleto e Polonio che si svolge nella biblioteca, ancora
una volta giocato sul rapporto altp/basso. Nell'incontro tra Amleto e Ofelia,
Zeffirelli opera un taglio molto significativo: toglie la battuta sul "Vattene
in convento!" e, addirittura, pospone il monologo dell' "Essere o non essere"
facendo ritornare Amleto nella cripta in cui riposa il padre e ponendo
quindi il protagonista a diretto contatto con lo morte su cui riflette.
Quasi sentisse però la necessità di non incupire troppo
il personaggio lasciandogli mostrare quell'energia che la presenza scenica
di Gibson comporta, lo conduce all'esterno del castello (in un'ipotetica
Danimarca così luminosa come è raro vederla al cinema). E'
qui che avviene l'incon-tro con Rosencrantz e Guildestern. L'arrivo degli
attori diviene momento di festa collettiva che consente ad Amleto di indossare
una cosacca di scena e di trasformare il cortile in luogo di incontro apporentemente
spen-sierato (la rappresentazione della tragedia è riservato all'interno)
a cui si alternano gli sguardi e le battute angosciate di Amleto.
Le prime tirate degli attori e le prove vengono tagliate: a Polonio
viene affidata la presentazione degli attori. La battuta del 'convento'
viene inse-rita nel dialogo con Ofelia nel corso della rappresentazione.
Il gioco di sguardi si fa sempre più cinematograficamente intenso
e la mdp lavora con intensità sul malore di Claudio.
La preghiera di Claudio viene ridotta a poche parole per lasciore
spazio ai primi e primissimi piani del 'pensiero' di Amleto. La scena del
dialogo tra Gertrude e Amleto offre molte metafore e simbologie sessuali
a una regia pronta a coglierle e ad immergerle in una luce che sfrutta
tutte le tonalità dell'arancione e del giallo.
Si osservi poi come tutta la scene della follia di Ofelia sia ambientata
in un'alternanza tra esterno ed interno in quello spazio comunque chiuso
che è il castello. L'epilogo sarà 'narrato' in interno e
'visto' in esterno. La narrozione subisce anche visivamente una svolta
che vede le armi prota-goniste. Rosencrantz e Guildestern vengono decapitati,
Laerte torno al costello con la spada in pugno. Amleto 'dialoga' in esterno
col teschio di Yoric ponendolo dinanzi a sè quasi fosse un interlocutore
vivente. E' il pre-ludio alla 'messa in scene)' di morte che attende i
protagonisti nella sala del castello. Attorno al quadrato di legno si collocano
spettatori che ancora non sanno (come Claudio e Gertrude) che diverranno
a loro volta protagonisti . Lo scontro è acconito, le parole si
incrociano come le spade e la regia velocizza l'azione grazie al dinamismo
interno delle inquadratu-re e al lavoro sul montaggio.
L'inquadratura finale, con la mdp che riprende dall'alto il teatro
dell'azio-ne, si ricollega (almeno in una certa misura) all'inizio. Anche
qui gli astanti sono bloccoti in pose rigide. La vicenda di Amleto si apre
e si chiude con due scene in cui la morte fa sentire tutto il suo peso.