françaisitaliano
 
4 Novembre 1998
9.30 - Centro Congressi della Provincia di Milano - Via Corridoni, 16 - Sala Truffaut
Seminario
"Le sale cinematografiche europee a favore del cinema per ragazzi: esperienze e sviluppi"
 
Intervento di Anna Solá
NUOVI CINEMA PER NUOVI PUBBLICI
 
L’osservazione del cinema come elaborazione culturale ed artistica significa la continuazione del suo itinerario di fenomeno mediatico che nasce e si evolve con il XX secolo, lasciando una impronta fondamentale negli spiriti delle generazioni che l’hanno vissuto e un immenso patrimonio di opere attraverso le quali hanno preso forma e sono state portate in scena non solo le apparenze formali delle società che si sono succedute nel corso del secolo, ma anche le loro aspirazioni, le loro paure, i loro desideri.
Il cinema ha nutrito l’immaginazione collettiva delle società contemporanee e ha contribuito fondamentalmente all’espansione delle tradizioni narrative, iconografiche e artistiche attraverso una sintesi dei contributi precedenti.
In questo senso, la sua dimensione storica acquisisce un significato ampio che ne costituisce la chiave di volta che permette di comprendere alcuni aspetti della vita dei tempi passati e di quella presente.
Nel contesto delle società urbane occidentali, l’identità personale degli uomini e delle donne del XX secolo ha quindi preso forma sotto l’influenza del cinema che, come un vero educatore, ha contribuito più o meno fortemente alla costruzione delle mentalità e alla configurazione di un immaginario collettivo che ha creato dei nuovi miti e dei nuovi riferimenti ma che ne ha anche riciclato e adattato molti altri provenienti dalle origini della cultura occidentale.
Il cinema ha influenzato anche un altro campo: quello delle esperienze sensibili. I creatori e le creatrici cinematografici hanno prodotto, durante tutto il secolo, un insieme di opere che hanno fornito, attraverso la loro categoria artistica, non solo degli spazi di distrazione e di svago ma anche delle vere e proprie rappresentazioni estetiche. In questo caso, allo stesso modo di altre espressioni artistiche, l’arte cinematografica ha preso posto nel campo della conoscenza e dello sviluppo del piacere intellettuale. In effetti, grazie all’articolazione dei linguaggi, l’espressione cinematografica può agire come un linguaggio artistico in più, nel quale la percezione sensoriale apre la porta ad un mondo pieno di significati diversi, che ci suggeriscono molteplici legami ed analogie tra la nostra esperienza vissuta e altre sfere insospettate ma abitabili. E l’accesso a quest’altra dimensione che, in tutta logica, dipende da ognuno di noi, è un’occasione di conoscenza, di avvicinamento della struttura e delle sfumature della coscienza umana che il cinema ha reso possibile e che continua a favorire ogni volta che si produce l’incontro ideale tra l’opera e il ricevente.
Tuttavia, la possibilità che questa funzione dell’opera cinematografica si realizzi è sempre minore. Da un lato, la dominazione tirannica del mercato monopolizza sempre più chiaramente la maggior parte della creazione o della produzione cinematografica attraverso le sue potenti reti di distribuzione e di esercizio. Dall’altro lato, le manifestazioni più creative, marginali o speculative, legate a delle inquietudini formali più contemporanee, provengono da gruppi sempre più ristretti che, come delle piccole nicchie, formano essi stessi dei circuiti marginali di consumo culturale ed artistico.
Accanto a ciò, la televisione, che occupa la maggior parte del tempo libero delle persone, si è impossessata dello spazio originale del cinema: la sala immersa nell’oscurità, il rituale, l’atto collettivo, il grande schermo … per relegarlo in un continuum indifferenziato, in cui tutti i messaggi, creati in origine per altri formati, appaiono svalutati e sprovvisti della pienezza delle loro caratteristiche iniziali.
L’espansione delle nuove tecnologie audiovisive iniziata negli anni ’80, e giunta ora al suo apice con le reti multimediali, e la debole capacità di scelta della maggior parte della popolazione danno luogo poco a poco a un nuovo spazio di relazione tra spettatori, spettatrici e messaggi audiovisivi che non solo esclude la possibilità conoscere altri discorsi ma che può arrivare a trasformare totalmente la funzione della rappresentazione, riducendo all’estremo il suo campo di significazione fino ad annullarlo. In effetti, come dice J. Baudrillard1 , le nuove tecnologie hanno dato luogo ad una “contaminazione virale delle cose da parte delle immagini” a tal punto che i termini della rappresentazione si sono invertiti. L’immagine in quanto simulacro, intermediario tra una presenza ed una significazione, si è trasformata in una semplice presenza della realtà al di là del suo referente, eliminando la distanza necessaria all’emergere della significazione degli avvenimenti, della storia e della memoria.
In questo contesto, l’espressione stereotipata dell’opera cinematografica - ibridi, archetipi, remake, la ripetizione degli stessi soggetti - ha uno spazio garantito dal suo rivestimento commerciale e dalle sue corrispondenti strategie della pubblicità e della persuasione. Tuttavia, ciò che si ricava da questo cinema altro non è se non questa stessa relazione alienata che si stabilisce tra i nuovi flussi mediatici. L’altra manifestazione cinematografica, la sola capace di assicurare delle stimolazioni estetiche piacevoli e proficue dal punto di vista intellettuale, rischia di scomparire, o, al meno, di divenire un lusso per alcuni.
Vista la pressione delle strategie commerciali basate sull’annientamento di tutto ciò che non frutti miliardi, il cinema potrebbe, alla lunga, essere riservato esclusivamente ai settori di popolazione che, grazie alla loro capacità di resistenza, sarebbero in grado di organizzare il loro consumo culturale e i loro svaghi fuori dai circuiti stabiliti dal marketing meno sensibile nei confronti della cultura. In altre parole, può diventare un’esperienza culturale elitaria. Per questo è necessario proporre un intervento energico nel quadro di un progetto educativo relativo alla cultura cinematografica, rivedendo le iniziative intraprese fino ad ora e esaminando il quadro delle possibilità, in modo da poter veramente distinguersi dalle linee puramente commerciali.
Una delle azioni non ancora intraprese così intensamente come dovrebbe essere consiste nel favorire per i nuovi pubblici – questo termine definisce non solamente il pubblico infantile e dei giovani, ma anche tutti coloro ai quali non è mai stata proposta un’offerta di cultura cinematografica – l’accesso alle principali opere della Storia del Cinema, quali il cinema delle differenze o i cinema della diversità. Pensiamo inoltre a film provenienti da cinematografie sviluppatesi attorno alla grande industria, con proposte estetiche innovatrici o articolazioni linguistiche originali, così come a film di culture diverse.
Pensiamo a film al servizio dei contenuti e non viceversa, a opere cinematografiche meno dipendenti dai budget milionari e la cui pretesa sarebbe di approfondire ciò che si dice piuttosto che di preoccuparsi solamente del successo commerciale. Pensiamo a produzioni che rispettino la nozione dell’opera dell’autore e non strettamente la nozione di merce … esempi che, tra molti altri, offrono la possibilità di entrare in contatto con riflessioni estetiche e narrative capaci di generare nuove visioni di situazioni ed esperienze di diversi contesti culturali, sociali e politici. Il cinema di Kiarostami, per esempio, ci insegna probabilmente più cose sull’Iran attuale dei numerosi documentari trasmessi dalle diverse televisioni su questo argomento.
In quest’ottica, il fatto di presentarsi apertamente, non in un documento sedicente oggettivo (sarebbe d’altronde falso perché impossibile) ma in uno sguardo complesso su una realtà concreta spesso significativa per il regista, fa del cinema dei nostri giorni una forma arricchente di conoscenza del mondo. Recuperare la dimensione dell’esperienza personale, sia essa di ordine sentimentale, politico, culturale o sociale, è uno dei valori della modernità cinematografica che allontana il cinema dalle acque fangose del discorso vuoto, al fine di accedere a una categoria che vada al di là della sedicente oggettività apparente della maggior parte delle produzioni della grande industria. In effetti, abbiamo sotto gli occhi delle situazioni di fiction appartenenti a realtà diverse, che obbediscono al modello standard americano, modello dominante per la sua indiscussa redditività; ciò permette di avvicinarsi ad un concetto chiave della politica culturale: la complessità derivata dalla diversità di mondi che coesistono nel nostro ambiente vicino e lontano. Di fronte all’idea trasmessa dalla televisione e condivisa da molte persone che il mondo è alla nostra portata – negando o eludendo costantemente il fatto che ciò significa assumere un’ottica che si piega esclusivamente agli interessi di espansione, di dicotomia e di dominazione del più forte sul più debole, in tutte le accezioni di questo temine – il cinema creato dai formati di produzione meno dominanti offre indirettamente un esercizio intellettuale di conoscenze differenti, ricche e diverse. Permette anche di stabilire degli incontri culturali capaci di iscriversi in un’esperienza situata in un quadro emozionale, discutendo in maniera implicita ed esplicita la visione semplice del mondo, causata, tra le altre cose, dalla sostituzione della narrazione o dall’esperienza della dominazione delle leggi dello spettacolo.
In questo nuovo approccio globale delle politiche culturali dell’esercizio cinematografico rivolto ai nuovi pubblici, infantili o meno, ci sarebbe quindi posto per le retrospettive, il cinema delle origini, le opere sperimentali, le cinematografie delle culture diverse, i film per bambini, i classici del cinema, le versioni originali, i documentari e i cortometraggi. Possiamo immaginare per il cinema lo stesso trattamento riservato alla pittura o alla musica contemporanee, rispettate in quanto elementi fondamentali della cultura artistica del XX secolo, gerarchizzate nel campo degli investimenti e rafforzate dal rinnovamento costante delle iniziative pedagogiche per attirare i nuovi pubblici? Pensiamo che dovremmo lavorare per rendere l’arte cinematografica più degna dal punto di vista culturale, compito che, in alcune città, è svolto dalle cineteche e dagli archivi, senza pertanto tralasciare un altro obiettivo: che il pubblico beneficiario sia sempre più ampio ed eterogeneo.
La popolazione infantile e giovanile è probabilmente la più redditizia in quanto a investimenti culturali. È nei confronti di questo segmento di pubblico che converrebbe fare intervenire le diverse modalità attraverso le quali circolano attualmente il discorso o i testi audiovisivi. I contesti detti multimediali hanno molto spesso notevoli carenze, soprattutto in relazione alla cultura cinematografica. Si sottintende, nella maggior parte dei casi, che si parte da zero per creare e per diffondere, senza tener conto delle possibilità arricchenti che una conoscenza audiovisiva vasta e diversificata nel tempo e nello spazio potrebbe proporre, integrando, di conseguenza, il concetto di storia della rappresentazione audiovisiva. A fianco dell’egemonia con la quale le proposte commerciali del tipo più convenzionale si impongono all’insieme del pubblico infantile e giovanile, questo fatto significherebbe nascondere una storicità alla cultura della rappresentazione che, d’altra parte, frustra le attese ipertestuali che l’ambiente multimediale pretende di promuovere. Se nascondiamo sistematicamente e costantemente l’insieme dei contributi che hanno indiscutibilmente formato la diversità dei contesti nei quali si è costituita oggi la realtà cinematografica, il gioco referenziale, unica forma costruttiva per utilizzare i vantaggi delle nuove tecniche audiovisive, risulta impossibile. D’altra parte, secondo Manuel Castells , nelle società che più possiedono una storia di connessione a reti di informazione e di cultura multimediale, come la società americana, si percepisce una forte corrente di scoraggiamento che indica un importante declino del consumo di divertimento a favore di altre attività che permettano una certa partecipazione. Ad esempio, i dibattiti telematici o le ricerche di informazione attraverso le reti vengono preferiti al consumo passivo dei programmi. Questa tendenza ci mette in guardia contro due effetti generati da questa nuova cultura comunicativa emergente ritenuta di una trascendenza sociale, politica, culturale e economica tanto importante quanto la prima rivoluzione culturale: la non-differenziazione dei prodotti e una perdita molto chiara della materia comunicativa, cioè dei contenuti. È per questo che negli ultimi tempi alcuni materiali cinematografici (di fiction o documentari) caratterizzati dalla loro alta capacità di comunicazione, hanno acquisito un valore considerevole e si iniziano a recuperare produzioni anteriori al “boom” mediatico. Secondo Castells2, il problema è sempre la mancanza di informazioni storiche (il tempo e i riferimenti nello spazio sono scomparsi) perché questi materiali fanno parte di quell’ipertesto bulimico nel quale il contesto di comunicazione, creato in quanto modello operativo, ha provocato l’indifferenziazione.
Oltre alla nostalgia che possiamo sentire per ciò che ha costituito l’oggetto del nostro studio e della nostra pratica pedagogica, questa osservazione ricolloca la sfida in una situazione differente, rinnovata nella sua argomentazione in un nuovo contesto che, a nostro avviso, esige politiche categoriche che permettano l’esistenza di spazi ben differenziati che favoriscano il vissuto cinematografico nella linea citata nelle pagine precedenti.
In quanto attività culturale, il cinema costituisce uno spazio di memoria simbolica al quale non si può rinunciare poiché è fatto di materiali che hanno costituito le rappresentazioni sintomatiche del nostro ambiente, determinando o comunque avendo un’influenza su grande parte delle culture estetiche, sociali e ideologiche di questi ultimi cent’anni.
La perdita culturale di questo referente significativo che fa parte della nostra storia, equivarrebbe all’abbandono in un buco nero di tutta l’energia prodotta dopo l’istituzione cinematografica durante tutto il secolo. Come abbiamo cercato di spiegare, una situazione tale per cui si rischia di perdere tanti riferimenti, esige non solo l’incoraggiamento delle reti multimediali a contare su questi materiali (con tutti i rischi di manipolazione e di volgarizzazione che ciò comporta nella maggior parte dei casi), ma anche la difesa delle situazioni che permetterebbero a questi materiali di essere trattati con l’attenzione che meritano in modo che sia le creazioni attuali sia quelle passate raggiungano un pubblico più vasto, nel miglior modo possibile, cioè in maniera decentrata.
Si potrà così garantire un dialogo che si mantenga vivo tra le diverse modalità adottate dal cinema e l’audiovisivo in generale, malgrado le forme dominanti che hanno imposto in ogni momento e continueranno ad imporre le dinamiche di mercato, con i loro flussi di interferenza contrari a un’esistenza culturale più ambiziosa.
Proposte:
- definire delle azioni per attirare il pubblico infantile, adottando misure che permettano nel breve termine di promuovere materiali cinematografici di particolare importanza e che, nelle dinamiche di programmazione, sarebbero esclusi dai circuiti più visibili, lottando così contro la tendenza di accettare qualsiasi cosa. A questo scopo, converrebbe stabilire delle misure di tutela del settore dell’esercizio, aiutando, a lungo e breve termine, a consolidare iniziative che abbiano una certa continuità nella promozione di proposte cinematografiche a rischio e che permettano di proteggere costantemente le attività di cinema che, per il loro aspetto educativo e di formazione, si rivolgono al pubblico scolastico.
Converrebbe incoraggiare delle iniziative e attirare delle sponsorizzazioni in modo che il settore abbia una propria produzione e distribuzione (importazione e doppiaggio dei film). Queste proposte dovrebbero estendersi ai differenti pubblici sopraccitati. Insistiamo quindi sulla creazione di campagne il cui obiettivo sia il pubblico infantile ma che si rivolgano a tutta la comunità, interpellando direttamente i genitori e gli educatori.
- Come per il pubblico infantile, definire azioni per attirare un pubblico giovane, aiutando a superare, nel consumo, la mancanza di spessore storico dei materiali cinematografici esistenti sul mercato. La strategia che si potrebbe adottare consiste in un lavoro di recupero (attraverso accordi con sale di repertorio o, secondo una politica decentralizzata, attraverso la programmazione delle cineteche) di opere cinematografiche di altre epoche, che siano di un certo interesse per questo tipo di pubblico, con lo scopo di situare la loro esperienza (sociale, culturale e estetica) in un continuum spaziale e temporale. Allo stesso tempo, un’esperienza di questo genere dovrebbe permettere a questo pubblico di acquisire una conoscenza sulla rappresentazione audiovisiva iniziando da un punto di partenza più ricco e diversificato che permetta di affrontare con maggior ricchezza il nuovo contesto mediatico e di comunicazione.
- Definire delle azioni per attirare il pubblico appartenente ad altri settori della popolazione: persone anziane, associazioni, quartieri periferici … settori che, come quello infantile, avrebbero bisogno di proposte specifiche di una ricca mobilitazione culturale. Nelle frange orarie in cui questi segmenti della popolazione godono di maggiore mobilità, la promozione di proiezioni cinematografiche interessanti consentirebbe un miglior sfruttamento delle sale che osassero assumere il rischio di proposte di divulgazione culturale cinematografica. Pensiamo anche che ci siano molti film, provenienti da cineteche e dagli archivi degli stessi distributori, la cui diffusione potrebbe essere ben più ricca e più importante se questa politica di diffusione culturale specifica fosse applicata tenendo conto delle caratteristiche particolari da rispettare nel caso di pubblici non privilegiati né dal cinema commerciale né dalle politiche istituzionali.
- Come risultato delle tre proposte precedenti, pensiamo che sia urgente studiare le possibilità di decentralizzare lo sfruttamento dei fondi delle cineteche o delle loro programmazioni, e di cercare d’avvicinarsi alle iniziative delle agenzie culturali e sociali di ogni paese.
- Dall’altra parte, bisognerebbe definire, tra le istituzioni culturali e gli organismi o gli specialisti in materia, un minimo di attività necessarie per assicurare che il pubblico infantile e giovanile possa sempre disporre di opere capitali della storia del cinema. Converrebbe anche che ogni città disponesse di una struttura di diffusione della varietà delle proposte cinematografiche (film, scritti, esposizioni …) apparse in tutti gli anni nel mondo intero, e non solo di quelle che propone l’industria dello spettacolo di provenienza statunitense.
- Incoraggiare le ricerche e convocare concorsi o altre attività simili al fine di raccogliere testimonianze sull’esperienza cinematografica della città.
- Creare reti di spazi nuovi o recuperati che permettano di organizzare delle proiezioni cinematografiche in tutti i formati (16, 35 e video) e assicurare delle linee di programmazione che coprano tutti gli orari (matinées giorni lavorativi e festivi, orari scolastici, pomeriggi …).
- Equipaggiare questi spazi con installazioni per la traduzione simultanea o per i sottotitoli ottici al fine di trarre profitto dalle programmazioni di rassegne e mostre, di festival, di incontri o di retrospettive, per le quali non si disponga di copie doppiate o sottotitolate, completando così le altre attività culturali (esposizioni, dibattiti, conferenze).
- Approfittare delle reti di biblioteche per completare i loro archivi attraverso collezioni videografiche che riprendano le opere principali della storia del cinema così come film e documentari di interesse sociale.
 
  1Baudrillard, Jean. “Au-delà du vrai et du faux, ou le malin génie de l’image”, Cuadernos del Norte, n. 50, 1998.
  2Castells, Manuel. L’Ere de l’Information: Economie, Société et Culture. La Société Red. Alianza Editorial, Madrid, 1997.
 
 
 
 
 
4 November 1998
9,30 a.m. - Centro Congressi of the Province of Milan - Via Corridoni, 16 - Sala Truffaut
 
Seminar
The Commitment of European Cinemas to Films for Children and Young People:
Experiences and Developments
 
SPEECH BY ANNA SOLA'
De nouveaux cinémas pour de nouveaux publics

L'observation du cinéma en tant qu'élaboration culturelle et artistique signifie le suivi de son itinéraire de phénomène médiatique qui naît et qui évolue avec le XXème siècle, laissant une empreinte fondamentale dans les esprits des générations qui l'ont vécu ainsi qu'un immense patrimoine d'oeuvres où ont pris forme et ont été mises en scène non seulement les apparences formelles des sociétés qui se sont succédées au cours du siècle, mais aussi leurs aspirations, leurs craintes et leurs désirs.

Le cinéma a nourri l'imagination collective des sociétés contemporaines et a contribué fondamentalement à l'expansion des traditions narratives, iconographiques et artistiques à travers une synthèse des contributions précédentes. Dans ce sens, sa dimension historique acquiert une ample signification qui en fait la clef de voûte permettant de comprendre certains aspects de la vie d'autrefois et de la vie présente.

Dans le contexte des sociétés urbaines occidentales, l'identité personnelle des hommes et des femmes du XXème siècle a donc pris forme sous l'influence du cinéma qui, tel un véritable éducateur, a contribué plus ou moins fortement à la construction des mentalités et à la configuration d'une imagerie collective qui a créé de nouveaux mythes et de nouvelles références mais qui en a aussi recyclé et adapté bien d'autres venant des origines de la culture occidentale.

Cette influence s'est aussi exercée dans un autre domaine: celui des expériences sensibles. Les créateurs et les créatrices cinématographiques ont produit, tout au long du siècle, un ensemble d'oeuvres qui ont fourni, de par leur catégorie artistique, non seulement des espaces de distraction et de loisir mais aussi de véritables représentations esthétiques. Dans ces cas-là, de même que d'autres expressions artistiques, l'art cinématographique a pris place dans le domaine de la connaissance et du développement du plaisir intellectuel. En effet, grâce à l'articulation des langages, l'expression cinématographique peut agir comme un langage artistique de plus, où la perception sensorielle ouvre la porte à un monde rempli de significations diverses, nous suggérant de multiples liens et analogies entre notre expérience vécue et d'autres domaines insoupçonnés mais habitables. Et l'accès à cette autre dimension qui, en toute logique, dépend de chacun d'entre nous, est une occasion de connaissance, de rapprochement de la texture et des nuances de la conscience humaine que le cinéma a rendu possible et qu'il continue à favoriser chaque fois que la rencontre idéale entre l'oeuvre et le récepteur ou réceptrice se produit.

Il est vrai, cependant, que cette fonction de l'oeuvre cinématographique a de moins en moins la possibilité de se produire. D'un côté, la domination tyrannique du marché monopolise de plus en plus clairement la plus grande partie de la création ou de la production cinématographiques à travers ses puissants réseaux de distribution et d'exploitation. De l'autre, les manifestations les plus créatives, marginales ou spéculatives, liées à des inquiétudes formelles plus contemporaines, parviennent à des groupes de plus en plus restreints qui, tels de petits réduits, forment eux-mêmes des circuits marginaux de consommation culturelle et artistique.

A côté de cela, la télévision occupant la plus grande partie du temps libre des gens, elle a déplacé le cinéma de son espace original: la salle plongée dans l'obscurité, le rituel, l'acte collectif, le grand écran...pour le reléguer dans un continuum indifférencié où tous les messages, créés à l'origine pour d'autres formats, apparaissent dévalués et dépourvus de la plénitude de leurs caractéristiques initiales.

L'expansion des nouvelles technologies audiovisuelles amorcée dans les années 80, culminant à l'heure actuelle par les réseaux multimédiatiques, et la faible capacité de choix de la grande majorité de la population donnent lieu petit à petit à un nouvel espace de relation entre spectateurs, spectatrices  et messages audiovisuels  qui non seulement exclut la possibilité de connaître d'autres discours mais qui peut parvenir à transformer totalement la fonction de la représentation, réduisant à l'extrême son champ de signification jusqu'à l'annuler. En effet, comme dit J. Baudrillard1 , les nouvelles technologies ont donné lieu à une "contamination virale des choses par les images" à tel point que les termes de la représentation se sont invertis. L'image en tant que simulacre, intermédiaire entre une présence et une signification, s'est transformée en une simple présence de la réalité au-delà de son propre reférent et éliminant la distance nécessaire à l'émergence de la signification des évènements, de l'histoire et de la mémoire.

Dans ce contexte, l'expression stéréotypée de l'oeuvre cinématographique -hybrides, archétypes, remakes, la répétition des mêmes sujets...- a un espace garanti par son revêtement commercial et ses stratégies correspondantes de publicité et de persuasion. Toutefois, on ne tire de ce cinéma que cette même relation aliénée qui s'établit entre les nouveaux flux médiatiques. L'autre manifestation cinématographique, la seule capable d'assurer des stimulations esthétiques plaisantes et enrichissantes du point de vue intellectuel, risque de disparaître ou, du moins, de devenir un luxe pour quelques uns.

Vu la pression des stratégies commerciales basées sur l'annihilation de tout ce qui n'est pas rentable en milliards, le cinéma pourrait, à la longue, être réservé exclusivement aux secteurs de population qui, grâce à leur capacité de résistance,  seraient capables d'organiser leur consommation culturelle et leurs loisirs hors des circuits établis par le marketing le moins sensible vis à vis de la culture. En d'autres mots, il peut devenir une expérience culturelle élitiste. C'est pour cela qu'il faut proposer une intervention énergique dans le cadre d'un projet éducatif concernant la culture cinématographique, tout en revoyant les initiatives entreprises jusqu'à présent et en examinant l'éventail de possibilités, de sorte à pouvoir vraiment se distinguer des lignes purement commerciales.
L'une des actions qui n'a pas encore été entreprise aussi intensément qu'il ne le faudrait, consisterait à favoriser pour les nouveaux publics -ce terme signifiant non seulement le public infantile et juvénile mais également tous ceux à qui aucune offre de culture cinématographique n'a été proposée- l'accès aux principales oeuvres de l'Histoire du Cinéma, telles que le cinéma des différences ou les cinémas de la diversité. Nous pensons aussi bien à des films provenant de cinématographies autour de la grande industrie, contenant souvent des propositions esthétiques innovatrices ou des articulations linguistiques originales, qu'à des films de cultures différentes.
Nous pensons à des films au service des contenus et non à l'inverse, à des oeuvres cinématographiques moins dépendantes de budgets millionnaires et dont la prétention serait d'approfondir ce qui y est dit plutôt que de ne se soucier que du succès commercial. Nous pensons à des productions qui respectent la notion de l'oeuvre de l'auteur et non strictement la notion de marchandise...exemples qui, parmi bien d'autres, offrent la possibilité d'entrer en contact avec des réflexions esthétiques et narratives capables d'engendrer de nouvelles visions des situations et expériences de divers contextes culturels, sociaux et politiques. Le cinéma de Kiarostami, par exemple, nous enseigne probablement davantage de choses sur l'Iran actuel que  de nombreux documentaires émis par les diverses chaînes de télévision au sujet de ce pays.

Dans cette optique, le fait de se présenter ouvertement, non pas en un document soit-disant objectif (ceci étant d'ailleurs faux parce qu'impossible) mais en un regard complexe sur une réalité concrète souvent significative pour le metteur en scène, fait du  cinéma, de nos jours,  une forme enrichissante de connaissance du monde. Récupérer la dimension d'expérience personnelle, soit d'ordre sentimental, politique, culturel ou social, est l'une des valeurs de la modernité cinématographique qui éloigne le cinéma des eaux embourbées du discours vide, afin d'accéder à une catégorie allant au-delà de la soi-disant objectivité apparente de la plupart des productions de la grande industrie. En effet, nous avons sous les yeux des situations de fictions appartenant à des réalités différentes, obéissant au modèle standard américain, modèle dominant de par sa rentabilité indiscutable; cela permet de se rapprocher d'un concept clé en politique culturelle: la complexité dérivée de la diversité de mondes qui coexistent dans notre entourage proche et lointain. Face à l'idée  transmise par la télévision et partagée par tant de gens, que le monde est à notre portée -niant ou éludant constamment le fait que ceci signifie l'assomption d'une optique se pliant exclusivement aux intérêts d'expansion, de dicotomie et de domination du plus fort sur le plus faible, dans toutes les acceptions du terme- le cinéma créé par les formats de production moins dominants offre indirectement un exercice intellectuel, de connaissances différentes, riches et diverses. Il permet également d'établir des rencontres culturelles capables de s'inscrire dans une expérience située dans un cadre émotionnel, discutant de manière implicite et explicite la vision simple du monde, causée, entre autres choses, par la substitution de la narration ou par l'expérience de la domination des lois du spectacle. Dans cette nouvelle approche globale des politiques culturelles d'exhibition cinématographique adressée aux nouveaux publics, infantiles ou non, il y aurait donc place pour les rétrospectives, le cinéma primitif, les oeuvres expérimentales, les cinémas de cultures différentes, les films pour enfants, les classiques du cinéma, les versions originales, les documentaires et les courts métrages. Pouvons-nous imaginer pour le cinéma le même traitement que celui qui est accordé à la peinture ou à la musique contemporaines, respectées en tant qu'éléments fondamentaux de la culture artistique du XXème siècle, hiérarchisées dans le domaine des investissements et renforcées par le renouvellement constant des initiatives pédagogiques pour attirer de nouveaux publics? Nous estimons que nous devrions travailler pour rendre l'art cinématographique plus digne du point de vue culturel, tâche qui, dans certaines villes est en partie prise en charge par les cinémathèques et les archives, sans pour autant laisser de côté un autre objectif: que le public bénéficiaire soit de plus en plus ample et hétérogène.
La population infantile et juvénile est probablement la plus rentable en investissement culturel. C'est vis à vis de ce segment de public qu'il conviendrait de faire intervenir les différentes modalités à travers lesquelles circulent actuellement le discours ou les textes audiovisuels. Les milieux appelés multimédiatiques ont très souvent de remarquables carences, surtout en ce qui concerne la culture cinématographique. On sous-entend, dans la plupart des cas, que l'on part d'un point zéro à partir duquel l'on crée et l'on diffuse, sans tenir compte des possibilités enrichissantes que proposerait une connaissance audiovisuelle vaste et diverse dans le temps et dans l'espace, tout en intégrant, en conséquence, le concept d'histoire de la représentation audiovisuelle. A côté de l'hégémonie avec laquelle des propositions commerciales du type le plus conventionnel s'imposent à l'ensemble du public infantile et juvénile, ce fait signifierait que l'on cache une historicité à la culture de la représentation qui, d'autre part, frustre en grande partie les attentes hyper-textuelles que le milieu multimédiatique prétend promouvoir. Si l'on cache systématiquement et constamment l'ensemble de contributions qui ont indiscutablement formé la diversité de contextes dans lesquels s'est constituée aujourd'hui la réalité cinématographique, le jeu référentiel, unique forme constructive d'utiliser les avantages des nouvelles technologies audiovisuelles, est impossible. D'autre part, d'après Manuel Castells2 , dans des sociétés ayant davantage d'histoire de connexion à des réseaux d'information et de culture multimédiatique, comme la société américaine, on devine un fort courant de découragement qui indique un déclin important de la consommation de loisir en faveur d'autres activités permettant une certaine participation. Par exemple, les débats télématiques ou les recherches d'informations à travers le réseau sont préférées à la consommation passive de programmes. Cette tendance nous met en garde contre deux effets engendrés par cette nouvelle culture communicative émergente que l'on estime d'une  transcendance sociale, politique, culturelle et économique aussi importante que la première révolution industrielle: la non différenciation des produits et une perte très claire de matière communicative, c'est-à-dire de contenus. C'est pour cela que dernièrement certains matériaux cinématographiques (de fiction ou documentaires) caractérisés par leur haute capacité de communication, ont acquis une valeur considérable et l'on commence à récupérer des productions antérieures au "boom" médiatique. D'après Castells, le problème est toujours le manque d'information historique (le temps et les références dans l'espace ont disparu) parce que ces matériaux font partie de cet hyper-texte boulimique où le contexte de communication qui a été créé en tant que modèle opérationnel a provoqué l'indifférenciation. En dehors de la nostalgie que nous puissions ressentir pour ce qui a fait l'objet de notre étude et de pratique pédagogique, cette observation replace le défi dans une situation différente, renouvelée dans son argumentation dans un nouveau contexte qui, à notre avis, exige des politiques catégoriques permettant l'existence d'espaces bien différenciés qui favorisent le vécu cinématographique dans la ligne citée dans les pages précédentes.

En tant qu'activité culturelle, le cinéma constitue un espace de mémoire symbolique auquel on ne peut renoncer car il est fait de matériaux qui ont été à la fois les représentations symptomatiques de notre environnement, déterminant ou ayant également une influence sur une grande partie des cultures esthétiques, sociales et idéologiques de ces derniers cent ans. La perte culturelle de ce référent significatif qui fait partie de notre histoire, équivaudrait à l'abandon dans un trou noir de toute l'énergie produite depuis l'institution cinématographique tout le long du siècle. Comme nous avons tenté de l'expliquer, une telle situation où tant de références peuvent se perdre, exige non seulement d'encourager les réseaux multimédia à compter sur ces matériaux (avec tous les risques de manipulation et de trivialisation que cela comporte dans la plupart des cas), mais aussi de défendre les situations qui permettraient à ces matériaux d'être traités avec l'attention qu'ils méritent afin qu'aussi bien les créations actuelles que celles du passé atteignent le plus de public possible, de la meilleure façon possible, c'est-à-dire de manière décentralisée.

On pourra ainsi garantir un dialogue qui se maintienne vivant entre les diverses modalités adoptées par le cinéma et l'audiovisuel en général, malgré les formes dominantes qui ont imposé à tout moment et qui continueront à imposer les dynamiques de marché avec leurs flux d'interférences contraires à une existence culturelle plus ambitieuse.
 

Propositions
- Définir des actions pour attirer le public infantile, envisageant des mesures permettant à court terme de promouvoir des matériaux cinématographiques d'une importance particulière et qui, dans les dynamiques de programmation, seraient exclus des circuits les plus visibles, luttant ainsi contre la tendance à accepter n'importe quoi. A cet effet, il conviendrait d'établir des mesures de protection du secteur d'exploitation, aidant à court et à moyen terme à consolider des initiatives d'une certaine continuité dans la promotion des propositions cinématographiques à risque et permettant de protéger constamment les activités de cinéma qui, de par leur aspect éducatif et de formation, s'adressent au public scolaire.

Il conviendrait d'encourager des initiatives et d'attirer des sponsorisations afin que le secteur ait sa propre production et sa propre distribution (importation et doublage de films). Ces propositions devraient s'étendre aux différents publics cités plus haut. Nous insistons donc sur la création de campagnes dont l'objectif serait de convoquer le public infantile, et qui s'adresseraient à toute la communauté, interpellant directement les parents et les professionnels de l'éducation.
 

- De même que pour le public infantile, définir des actions en vue d'attirer un public jeune, tout en aidant à surmonter, dans la consommation, le manque de données historiques des matériaux cinématographiques existant sur le marché. La stratégie que l'on pourrait envisager consisterait en un travail de récupération (à travers des accords avec des salles de répertoire ou selon une politique décentralisée à travers les programmations des Cinémathèques) d'oeuvres cinématographiques d'autres époques, présentant un certain intérêt pour ce type de public, dans le but de situer leur expérience (sociale, culturelle et esthétique) dans un continuum spatial et temporel. En même temps, une expérience de ce genre devrait permettre à ce public d'acquérir des connaissances sur la représentation audiovisuelle à partir d'un point de départ beaucoup plus riche et beaucoup plus divers lui permettant d'aborder avec davantage de richesse le nouveau contexte médiatique et de communication.

- Définir des actions pour attirer le public appartenant à d'autres secteurs de la population: gens âgés, associations, quartiers périphériques...secteurs qui, comme le secteur infantile, auraient, eux aussi, besoin de propositions spécifiques d'une riche mobilisation culturelle. Dans les franges horaires où ces segments de population jouissent de plus de mobilité, la promotion de séances de cinéma pouvant les intéresser offrirait une rentabilité plus élevée aux salles qui oseraient prendre le risque de propositions de divulgation culturelle cinématographique. Nous estimons aussi qu'il y a beaucoup de films, provenant de cinémathèques ou de fonds venant des distributeurs eux-mêmes, dont la diffusion pourrait être beaucoup plus riche et beaucoup plus importante si cette politique de diffusion culturelle spécifique était appliquée en tenant compte des caractéristiques particulières à respecter dans le cas de publics non privilégiés ni par le cinéma commercial ni par les politiques institutionnelles.

- Comme résultat des trois propositions précédentes, nous estimons qu'il est urgent d'étudier les possibilités de décentraliser l'exploitation des fonds des cinémathèques ou de leurs programmations, et de chercher à se rapprocher des initiatives des agents culturels et sociaux de chaque ville.

- D'autre part, il faudrait définir, parmi les institutions culturelles et les organismes ou personnes spécialistes en la matière, un minimum d'activités nécessaires pour s'assurer que le public infantile et juvénile puisse toujours disposer des oeuvres capitales de l'histoire du cinéma. Il conviendrait aussi que chaque ville possède une structure de diffusion de la diversité des propositions cinématographiques (films, écrits, expositions...) parues tous les ans dans le monde entier, et non seulement celles que propose l'industrie du spectacle venant des Etats-Unis.

- Encourager les recherches et convoquer des concours ou autres activités semblables afin de recueillir des témoignages sur l'expérience cinématographique de la ville.

- Créer des réseaux d'espaces nouveaux ou adaptés permettant d'organiser des séances cinématographiques dans tous les formats (16, 35 et vidéo) et assurer des lignes de programmation couvrant tous les horaires (matinées, jours ouvrables et fériés, horaires scolaires, après-midi...)

- Equiper ces espaces d'installations de traduction simultanée ou de sous-titres optiques afin de pouvoir tirer profit des programmations de foires-expositions, de festivals, de rencontres ou de rétrospectives, dont on ne disposerait pas en version doublée ou sous-titrée, parachevant ainsi les autres activités culturelles (expositions, débats, conférences).

- Profiter des réseaux de bibliothèques pour compléter leurs fonds par des collections vidéographiques reprenant les oeuvres principales de l'histoire du cinéma, ainsi que des films et documentaires d'intérêt social.
 
1Baudrillard, Jean. Au-delà du vrai et du faux, ou le malin génie de l'image. Cuadernos del Norte, nº 50, 1998.
 2Castells, Manuel. L'Ère de l'Information: Economie, Société et Culture. La Société Red. Alianza Editorial, Madrid, 1997.