Arrivederci ragazzi
di Louis Malle
 
Sinopsi
Analisi della struttura
Itinerari didattici
Elementi per la discussione
Idee
Bibliografica
 
 
 
Dati Generali
Produzione Louis Malle per Nouvelles Editions de Films (Parigi) 
Marin Karmitz MK2 Productions (Parigi) 
Stella Film (Monaco) 
NEF (Monaco) con la partecipazione di Rai Uno
Soggetto: Louis Malle
Sceneggiatura: Louis Malle
Direttore della fotografia:  Renata Berto
Musica originale: Schubert, Saint Saens, Ami Flammer
Montaggio: Emmanuelle Castro
Interpreti: Gaspard Manesse (Julien) 
Raphaèl Fejtò (Bonnet) 
Francine Racette (sig.ra Quentin) 
Stanislas Carrè de Malberg (François Quentin) 
Philippe Morier-Genoud (padre Jean) 
François Berlèand (padre Michel) 
François Negret (Joseph) 
Peter Fitz (Muller) 
Pascal Rivet (Boulanger) 
Benoit Henriet (Ciron) 
Richard Leboeuf (Sagard) 
Xabier Legrand (Babinot) 
Arnaud Henriet (Negus) 
Jean-Sèbastien Chauvin (Laviron) 
Luc Etienne (Moreu) 
Daniel Edinger (tinchaut) 
Marcel Bellot (Guilbourg) 
Ami Flammer (Florent) 
Irène Jacob (sig.ra Davenne) 
Jean-Paul Dubarry (padre Hippolyte) 
Jacqueline Staub (infermiero) 
Jacqueline Paris (sig.ra Perrin)
Durata: 103' - Francia, Rft, 1987

Sinopsi
Inverno 1943/44. Le vacanze natalizie sono finite, per i fratelli Quentin è arrivato il momento di rientrare in collegio; Julien, il piccolo di cosa, non si rassegna all'idea di staccarsi ancora una volto dalla madre. A Fontainebleau, nel collegio del Bambin Gesù, sono arrivati intanto dei nuovi compagni; Julien però non è dell'umore migliore e tratta bruscamente l'intruso che ha occupato il letto vicino al suo.
Le giornate riprendono o trascorrere sui ritmi usati: la sveglia, la messa, la colazione nel refettorio, le lezioni talora interrotte dall'allarme antiaereo, lo ricreazione nel cortile, e poi ancora i posti frugali e la ritirata serale nelle camerate. I convittori non appaiono ben disposti verso i tre ragazzi che si sono uniti al gruppo; ogni occasione è buona per bisticciare e organizzare scherzi pesanti ai danni dei 'nuovi' o del malcapitato Joseph, un povero storpio che lavora in cucina e si arrangia con la borsa nera.
Dapprima Julien è sostanzialmente indifferente nei confronti di Jean Bonnet. Ma il nuovo arrivato eccelle in tutte le materie di studio, è ben voluto dalla giovane insegnante di pianoforte perchè suona lo strumento con scioltezza e competenze, e perfino il rettore, padre Jeon, che è per i ragazzi maestro di vita e modello, ha per lui attenzioni particolari; inoltre egli riceve dalla madre lettere misteriose e prega di nascosto in una lingua sconosciuta. Tanto basta per suscitare nel piccolo Quentin il tarlo dell'invidia e della curiosità.
Una volta alla settimana i convittori vengono accompagnati ai bagni pubblici, dove un cartello avverte che agli ebrei non è consentito l'accesso; vedendo uscire un uomo con la stella giallo in evidenze sul cappotto, i ragazzi commentano il fatto con parole di stupore e ammirazione. Julien comincia a sospettare dell'identità di Jean quando, rovistando nel suo armadio, scopre un documento su cui sta scritto un nome diverso: Jean Kippelstein.
Durante una caccia al tesoro, i due ragazzi si smarriscono nel bosco; finalmente la paura li spinge ad allentare le difese e a fraternizzare. Riportati in collegio a notte fonda da una pattuglia tedesca, Quentin e Bonnet dilatano nel racconto la loro avventura e diventano agli occhi dei compagni due eroi. I piccoli e grandi segreti, le prime scazzottate e le passioni condivise (la letteratura, il cinema, la musica) contribuiranno ad avvicinare sempre più Julien a Jean.
Un giorno il rettore scopre che Joseph, lo sguattero, ruba le provviste del convitto per rivenderle al mercato nero e si vede costretto a licenziarlo.
Di li a poco arriva, inattesa, un'ispezione della Gestapo, Joseph ha denunciato la presenza di ebrei nel collegio. Dopo una sommaria indagine, questi vengono identificati, il rettore arrestato, il collegio chiuso di forza. Nel cortile, davanti ai ragazzi schierati per l'appello, sfilano gli sventurati compagni e padre Jean, colpevole di aver commesso un grave reato contro le forze di occupazione. C'è solo il tempo per scambiarsi l'ultimo sguardo e l'ultimo accorato arrivederci.

Analisi della struttura
"Arrivederci ragazzi si ispira al ricordo più drammatico della mia infanzia", ha dichiarato il regista, presentando il film alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.
E il titolo reca già in sè l'emozione centrale, il senso del racconto: l'addio all'infanzia di Julien Quentin, personaggio chiaramente autobiografico.
Malle racchiude la crescita di Julien tra due distacchi:
- il commiato dalla madre, alla stazione di Parigi;
- il commiato dall'amico e da padre Jean, nel cortile del collegio.
Nella sequenza iniziale, dopo l'abbraccio della mamma, il bambino rimasto a lungo in silenzio accanto al finestrino del treno, fissando (primo piano) la campagna piatta e spoglia che scorre al di là del vetro. Nella sequenza finale, Julien (ancora in primo piano) segue con lo sguardo il gruppo dei prigionieri che si allontana, mentre la voce fuori campo commenta: "Più di quarant'anni sono passati, ma fino alla morte ricorderà ogni secondo di quel mattino di gennaio...... Crescere per Quentin, non vuol dire solo smettere di bagnare il letto di notte o vedersi spuntare sotto il naso la peluria dei primi baffi; significa confrontarsi con i modelli maschili offerti dalla famiglia e rifiutarli (il fratello François, maggiore d'età, lo tratta con sufficienza; il padre, sempre assente, sembra preoccupato più della fabbrica che dei figli).
Quando riconoscerà in Bonnet il fratello vero, il vero padre in padre Jean, li avrà ormai perduti. Questa scoperta è raccontata dal regista con notevole finezza psicologica. I due ragazzi infatti non dichiarano mai in modo esplicito i loro sentimenti, eppure lo spettatore intuisce il passaggio dalla vicinanza dei letti a quello più profondo delle menti e dei cuori, autentica fratellanza spirituale. Malle usa tocchi leggeri: pensiamo per esempio alla luce della torcia (il 'terzo occhio' di Julien, che se ne serve per indagare oltre il buio della camerata o del rifugio, fin dentro a quella più inquietante dell'esistenza, per riconoscere i propri simili); oppure all'immagine dello scrigno (metafora del 'tesoro' tanto cercato e alla fine trovato: l'amicizia).
Anche quella del rettore è una paternità spirituale, più importante di quella naturale. Julien da grande vorrebbe fare il prete, non l'ingegnere come invece sperano i genitori, perchè solo padre Jean sa entrare in sintonia con il groviglio di passioni, dubbi e speranze che gli si agitano nell'anima; solo lui parla d'Amore, di Pietà, di Giustizia, di Libertà. Pensiamo per esempio alle parole rivolte dal rettore agli allievi che si sono resi corresponsabili dell'illecito traffico di Joseph: "L'educazione, quella vera, sta nell'insegnarvi a fare buon uso della libertà"; è una lezione che Julien comprenderà solo all'ultimo, in quell'arrivederci che suona di fatto come un addio (padre Jean morirà a Mauthausen, Bonnet ad Auschwitz). Ruotando intorno al piccolo Quentin che progressivamente apre gli occhi sul mondo e ne scopre le brutture, la vicenda trascorre dall'ambito un po' angusto della cronaca (la vita di collegio) a quello più ampio e più drammatico della Storia (la Francia di Pètain, le persecuzioni razziali contro gli ebrei, la seconda guerra mondiale).
Il regista tiene la macchina da presa all'altezza dello sguardo infantile, racconta sempre dal punto di visto del ragazzo, portato a trasfigurare la realtà con la fantasie. Nel film i segni concreti della guerra sono evidenti ma più efficace risulta la trasposizione metonimica dell'evento: la guerra "giocata", le accanite battaglie sui trampoli, in cui il conflitto barbarie nazista/civiltà è reso nella forma della chanson de geste ('Io sono il cavaliere senza macchia e senza paura!', "in guardia, vil fellone!", gridano i giovani guerrieri mentre vanno all'attacco).
In quest'ottica del parlare per figure, la proiezione di Chorlot emigrante può essere letta come metafora esistenziale collettiva, tante sono le analogie con il microcosmo del collegio: la lontananza da casa, l'ansia di libertà, certi personaggi, etc. ("Sembra madame Perrin", commentano divertiti i ragazzi a proposito della donna grossa che rotola sul pavimento della nave e che assomiglia alla cuoca del convitto).
Nel ricreare l'atmosfera dell'inverno più duro della sua infanzia, Louis Malle si avvale inoltre di una fotografia che privilegia l'assenza di sole negli esterni e i colori freddi, quasi lividi (marrone, blu, violetto): indizi di morte anche questi, lasciati trapelare senza indulgere a facili effetti.

Itinerari didattici
Le grandi religioni monoteiste
1) Ebraismo
2) Cristianesimo
3) Islamismo.

Il tema del genocidio degli ebrei nella letteratura italiana contemporanea:
1) P. Levi, Se questo è un uomo
2) P. Caleffi, Si fa presto a dire fame
3) G. Bassoni, I1 giardino dei Finzi-Contini

Conoscere la Francia:
1) I paesaggi (naturali e umanizzati)
2) I gruppi etnici
3) La cucina come cultura.

Elementi per la discussione
- Vita di collegio
- I miei compagni di classe
- Essere un bambino 'diverso'
- Le mie letture
- Educare vuol dire...
- La solidarietà
- Avere un segreto
- La vocazione religiosa
- La guerra, la pace

Idee
Organizzare una visita d'istruzione a Trieste, per visitare la Risiera di San Sabba. Svolgere un'inchiesta (interviste, compilazione questionari, raccolta articoli di giornale, etc.) sul razzismo oggi. Programmare una ricerca interdisciplinare (Storia-Geografia) sulle dittature del nostro secolo. Proiettare, come 'omaggi a Chorlot', un'antologia di cortometraggi o un classico quale Il grande dittatore (diponibili in videocassetta presso diversi centri di noleggio).

Bibliografica
A. Frank, Diario, ed. Mondodori, Milano
N. Garibba, Lo stato d'lsraele Libri di base. Editori Riuniti, Roma
E. Biagi, Francia, ed. Rizzoli, Milano
G. Cremonini, Charlie Chaplin, il castoro Cinema. Ed. La Nuova Italia, Firenze