The paper ("Multiplexes and cultural programming – Outline for a case study) examines the changings of the current italian cinema-going practice. The programming of the "Warner Village Le Piramidi" – a new multiplex built in the suburban zone of Vicenza (North-East of Italy) – is analyzed and compared to the programmings of the pre-existing old-city cinemas. The reaction of the local public is also studied. Two conclusions can be held: the increase in the number of theatres didn’t produce a rise of films offer; quality and european films didn’t seem to find their place in Warner Village’s screens.
Anche in Italia, ormai da
qualche anno, si è resa evidente la necessità di far propria
la strada intrapresa nei maggiori Paesi europei per allinearsi alle nuove
esigenze, di comodità e di qualità della proiezione, sentite
dal pubblico delle sale cinematografiche. L’aumento, negli ultimi anni,
del numero degli spettatori pare un dato incoraggiante, che spinge alla
modernizzazione della gestione delle sale cinematografiche. Oltre all’adeguamento
tecnologico, si rende necessaria anche una valorizzazione in termini comunicativi
e relazionali del ruolo della sala, in modo da trasformare la fruizione
del film "da routine a evento audiovisivo ad alto contenuto di servizio"
(Nelli, 1996, 5).
Sommerso dall’offerta televisiva,
il consumatore chiede oggi al cinema qualcosa in più della semplice
evasione, qualcosa in più del semplice impegno. Il ‘fai da te’ del
videoregistratore lo ha abituato a sentirsi portavoce di una scelta personalizzata
di fruizione, a essere parte attiva, capace di sfuggire all’offerta imposta
nei processi di costruzione dei palinsesti da tempo libero (Andò,
1999).
L’esigenza di riposizionamento,
di riconsegna al cinema di una propria identità mediologica, nasce
dal cambiamento dell’immagine del cinema-going nella mente dei potenziali
spettatori: il cinema, prima, era visto come divertimento a basso prezzo;
ora è considerato film ad alto costo. Da quando il cinematografo
ha ammesso a se stesso questa sua nuova debolezza, ha posto le basi per
tentare di superarla: non si tratta più di porsi sullo stesso piano
della televisione, in bassa competizione con quel mezzo; ci si propone,
anzi, di riuscire a differenziare il più possibile il modello della
fruizione cinematografica rispetto a quello della fruizione televisiva.
Carmagnola e Ferraresi (1992), dopo l’analisi di una serie di interviste
in profondità condotte con esperti del settore cinematografico,
concludono che l’ambito della differenziazione tra cinema e TV può
essere rintracciato nel carattere di evento in grado di offrire una dimensione
contemplativa e di concentrazione estetica: l’accento viene così
posto sull’esigenza di "immersione profonda" nell’evento, sulla sua sacralizzazione:
il cinema – i gestori, gli esercenti – deve coltivare questa distanza proponendo
un’offerta realmente diversa, non presentando più solo un contenuto
(il film), ma anche un contesto che vada oltre l’anodino carattere di neutralità
per insistere sugli elementi che qualificano la visione in sala, in modo
da sradicare dalle coscienze il modello di consumo abituale: quello televisivo
(1).
Le tendenze attuali dell’esercizio
cinematografico possono riassumersi in tre caratteri fondamentali (Nelli,
1996): 1) concentrazione (di schermi all’interno dello stesso edificio,
di più cinema da parte dello stesso esercente, concentrazione geografica
in più aree urbane); 2) modernizzazione tecnologica (Dolby, multischermo,
botteghino computerizzato); 3) integrazione tra distribuzione e esercizio
cinematografico – è il caso della Warner Bros, grande casa di produzione
e distribuzione, che gestisce in Europa un patrimonio di multiplex in costante
crescita –. Il multiplex fornisce inoltre la possibilità di una
strategia di saturation selling: invadere il mercato con un nuovo
film piazzato in più di una sala, in modo da soffocare ogni concorrenza
e ‘creare l’avvenimento’. La strategia di saturation selling richiede
uno sfruttamento molto intenso del film nel periodo più breve possibile
(Wagstaff, 1999).
L’affermazione, economica
e sociale, del multisala, o del multiplex, appare già come
definitiva: il modello multisala risulta vincente, perché si fa
carico e va incontro alle necessità del fruitore, abituato alla
visione domestica, che se va al cinema pretende di incontrare non solo
il prodotto filmico, ma anche una serie di comodità aggiuntive:
poltrone comode, ottima definizione dell’immagine, aria condizionata, un
posteggio per l’auto, pop-corn(2).
Il problema è verificare
la possibilità di una conciliazione tra questi modi del rinnovamento
e il ruolo artistico-culturale dell’opera cinematografica. In linea teorica
la convergenza non appare improponibile: multisala vuol dire maggiore differenziazione
dell’offerta, elemento che dovrebbe portare a soddisfare i gusti di un
più ampio raggio di persone, compresi coloro che cercano una programmazione
culturale.
Nella realtà, le
cose risultano più complesse. Vogliamo analizzare il caso del multiplex
"Warner Village" del centro commerciale "Le Piramidi", situato a pochi
chilometri da Vicenza, aperto nell’ottobre del 1997.
Un monitoraggio dei film
proiettati consente di osservare come le nove sale del Warner Village nulla
abbiano aggiunto, tuttavia, in termini di offerta filmica, rispetto
a quello che era il numero dei film dei vecchi cinema cittadini. Il multiplex
proietta gli stessi film del circuito cittadino, magari con tempi diversi,
anticipandone l’uscita o tenendoli più tempo, ma la quantità
di film disponibili sul mercato è rimasta invariata rispetto all’epoca
in cui il Warner Village non c’era. Il cinema delle "Piramidi" non presenta
un offerta cinematografica aggiuntiva, ma soltanto una comodità
aggiuntiva: pur proiettando lo stesso film, la sala del Warner è
piena, mentre i vecchi cinema del centro città rimangono semideserti.
La Figura 1 mostra
graficamente come l’offerta dei sei cinema vicentini sia superiore, in
termini quantitativi, rispetto a quella del Warner Village. Il grafico
riproduce 12 settimane – le linee sull’asse delle ascisse consentono di
osservare
quante settimane un film rimanga in programmazione – di osservazione comparata
dei cinema di Vicenza e del multiplex, in un periodo che va dal dicembre
1998 al marzo 1999. Ogni segmento colorato rappresenta un film. I segmenti
bianchi raffigurano i film proiettati esclusivamente nelle sale del multiplex
o esclusivamente nelle sale della città. Risulta così agevole
verificare le caratteristiche profondamente differenti della programmazione:
al cinema del centro commerciale i film, in genere, escono prima (con una
o due settimane di anticipo) e soprattutto durano molto di più.
La rappresentazione grafica consente di osservare visivamente come la programmazione
dei cinema cittadini sia molto più spezzettata: i film durano in
genere una, due settimane (solo due film rimangono in programmazione nello
stesso cinema per tre settimane e solo un film dura quattro settimane(3)),
mentre il Warner consente una programmazione più estensiva, con
film che restano in sala anche sei-sette settimane. Il grafico del Warner
semplifica leggermente le cose: potrebbe sembrare che un film rimanga nella
stessa sala per sette settimane, mentre – si sa – una delle ricchezze
e delle possibilità che offre il multiplex è invece quella
di poter spostare un film, col passare delle settimane, da una sala più
grande ad una più piccola, in modo da ottimizzare il numero delle
poltroncine effettivamente occupate.
Figura 1 – I film programmati nel bacino di utenza vicentino (24 dicembre 1998 – 13 marzo 1999)(4)
La netta prevalenza di spazi
bianchi dei cinema cittadini mostra come nelle sei sale di prima visione
vengano proiettati molti più film che al Warner; l’offerta è
nettamente più vasta e variegata. Un cinema come l’Odeon si caratterizza
per una programmazione ampia, mutevole e caratterizzata in senso culturale.
Per questo la differenziazione rispetto al Warner è così
significativa.
I titoli delle "esclusive
Warner" e delle "esclusive città" sono indicativi:
Esclusive Warner:
Il
giocatore (film USA) e Salvate il soldato Ryan (ripresa di un
film USA già abbondantemente proiettato);
Esclusive Vicenza:
Al
di là dei sogni (film USA, probabilmente proiettato anche al
Warner, che resiste più a lungo nelle sale cittadine perché
vi è arrivato dopo), Svegliati Ned (film irlandese), I
fobici (film italiano), My name is Joe (film inglese di Ken
Loach), Idioti (film danese di Lars Von Trier), L’assedio (film
di Bernardo Bertolucci), Ballando a Lughnasa (coproduzione anglo-irlandese),
Velvet
Goldmine (film inglese), Train de vie (coproduzione franco-rumena),
Il
fuggitivo della missione impossibile (film USA),
Giallo Parma
(film
italiano), La figlia di un soldato non piange mai (film inglese),
Happiness
(film
americano indipendente(5)).
È molto importante
notare come in 12 settimane di programmazione nelle nove sale del Warner
non sia stato proiettato nessun titolo che non sia statunitense o italiano,
neppure se si trattava di film "potenzialmente remunerativi", di cassetta,
come Svegliati Ned o Train de vie, che hanno avuto in tutta
Italia un più che discreto successo di pubblico.
È paradossale osservare
come l’aumento delle sale disponibili per lo spettatore vicentino non abbia
condotto ad un aumento della gamma di film fra cui poter scegliere: le
sale di prima visione sono passate da sei a quindici, ma le nove aggiuntive
nulla hanno apportato in termini di offerta.
Lo spettatore del bacino
si è comunque dimostrato molto sensibile alla nuova possibilità
offerta dal cinema del centro commerciale; segno che è notevole
l’attenzione riservata al contenitore, in tempi in cui il contenuto (il
film) è, in varie forme, ampiamente disponibile. Naturalmente, notevole
peso ha l’"effetto novità" (il Warner Village è di recente
apertura). Ma vediamo i dati sui cinema che abbiamo osservato (dal "Giornale
dello Spettacolo" del 22 gennaio 1999), risalenti all’anno solare 1998.
Dopo l’apertura del Warner
Village di Torri di Quartesolo (nove schermi a sei chilometri da Vicenza),
gli spettatori del bacino vicentino(6)
sono aumentati (dal 1997 al 1998) del 135 per cento. Un dato esorbitante,
definito "incredibile" dallo stesso "Giornale dello Spettacolo": l’aumento
più alto di tutta Italia.
Aggiungiamo ora che gli
spettatori, in tutta Italia, sono aumentati del 18%. Gli spettatori degli
altri cinema del Veneto sono aumentati dell’11%. Risulta ancora più
sorprendente, adesso, osservare come i cinema della città di Vicenza
abbiano perso il 14% del loro pubblico. Il "cannibalismo" del Warner ha
rubato ai cinema già esistenti un potenziale 25-30% di spettatori.
Ernesto di Sarro (presidente
dell’ANEC) nota con preoccupazione come mentre gli altri cinema della regione
considerata (e in generale in Italia) aumentano i biglietti venduti, in
queste città i cinema esistenti imboccano una strada decisamente
opposta, di diminuzione del proprio pubblico; (...) da una parte c’è
il grande apporto del multiplex all’espansione del mercato, dall’altra
parte la crisi – più o meno acuta a seconda delle situazioni particolari
– dei cinema esistenti, con conseguenti chiusure soprattutto nelle sale
collocate nel centro delle città e con qualche preoccupazione –
anche a livello dei pubblici poteri, locali e nazionali – per le implicazioni
socio-urbanistiche per la vivibilità dei centri urbani. (di Sarro,
1999, 2)
Il presidente dell’ANEC
manifesta una serie di preoccupazioni: per il drastico calo delle vendite
nelle vecchie sale, per la paventata chiusura di cinema incapaci di reggere
la concorrenza, per la desertificazione delle città (le conseguenze,
in termini di sociologia urbana, vanno al di là dell’ambito settoriale);
si augura che venga attuata anche in Italia una normativa per regolamentare
l’apertura di nuovi multiplex. In Francia, infatti, si è già
provveduto a stabilire la necessità di particolari autorizzazioni
per aprire locali con più di 1000 posti; il Centre National pour
la Cinématographie, inoltre, ha annunciato lo studio di piani di
sostegno per i cinema indipendenti. In Germania la proliferazione dei multiplex
sta ormai mettendo in crisi anche le multisale di recente realizzazione:
nel primo semestre del 1998, per la prima volta da molti anni, il saldo
tra sale aperte e sale chiuse è risultato essere in passivo(7).
L’ANEC lamenta la mancanza
di interventi governativi in proposito, perché anche in Italia –
a parere dell’ANEC – "si deve evitare che questo nuovo e valido strumento
venga utilizzato senza regole e con grande pericolo di una crescita disordinata
e non razionale" (di Sarro, 1999, 3).
Nessuno vuole impedire l’apertura
e la diffusione dei multiplex: sono prodotti importanti per qualsiasi mercato,
si tratta piuttosto di utilizzarli nel modo migliore come strumento validissimo
di aumento dell’offerta di schermi e di film, nei territori in cui è
insufficiente e di utilizzazione molto ponderata nelle zone in cui il loro
avvento potrebbe – nel periodo medio-lungo – rivelarsi causa di inconvenienti
gravi da vari punti di vista. (di Sarro, 1999, 3)
Il fatto che Francia e Germania
siano, per quanto riguarda l’evoluzione del cinematografo, più avanti
rispetto all’Italia, dovrebbe farci riflettere su quello che gli esercenti
nostrani dovranno affrontare(8).
E se – come sembra – le multinazionali del multiplex dovessero impoverire
piuttosto che aumentare l’offerta di film sul mercato, se si dovesse trattare
di un nuovo tipo di concorrenza che non migliora il prodotto, ma va anzi
contro gli interessi del consumatore, il problema non rimarrebbe circoscritto
ai soli esercenti ma dovrebbe essere sentito da tutti coloro che amano
andare al cinema.
Ma l’assenza, nei multiplex,
di una programmazione di qualità va interpretata anche alla luce
di altre considerazioni. La vendita di pop-corn, bibite, lecca-lecca sembrerebbe
essere inversamente proporzionale al valore del film. E dato che l’incasso
derivante dalle vendite di alimenti è importante, nei multiplex,
quanto la vendita dei biglietti, non sarebbe la paura di aver le sale vuote
ad allontanare i "buoni" film dai multiplex, ma il terrore di vedere le
sale piene di gente che guarda solamente il film, senza consumare
nulla.
Alberto Pasquale (1999),
direttore marketing della Warner Bros Italia, riflette sul fatto che in
USA il costo dei biglietti sia, negli ultimi anni, addirittura decresciuto.
C’è una politica di diversificazione dei prezzi, permessa dalla
libertà concessa dai distributori agli esercenti, che decidono,
secondo i principi del marketing mix, il prezzo da fissare. In questo
modo, gli esercenti possono avere interesse ad abbassare il prezzo, non
tanto o non solo per riempire le sale, quanto per riempire il bancone del
bar. Portando il ragionamento all’estremo, il film può esser considerato
un "prodotto-civetta" (loss-leader), un prodotto venduto a prezzo
basso per invogliare un acquisto a più alto ricarico: gli incassi
dei film vanno divisi con i distributori, mentre i ricavi della vendite
del bancone-bar restano all’esercente, che ha interesse a riempire il suo
cinema anche in vista dei consumi.
Ma va ricordato che il consumo
dei pop-corn varia in funzione del film: la platea di un film di bassa
qualità mangia molti più pop-corn di una platea di un film
di Kiarostami. Il film di Kiarostami non può, quindi, essere utilizzato
come prodotto-civetta, dato che un pubblico impegnato non è attratto,
ma infastidito, dal consumo di pop-corn in sala(9).
Ed è questa una delle
conseguenze più evidenti, persino più drammatiche, della
differenziazione dei pubblici: il film di qualità tenderebbe ad
auto-escludersi dalle nuove cattedrali cinematografiche non perché
non sia in grado di riempire le piccole sale dei multiplex, ma perché
le caratteristiche dei suoi spettatori non consentono di incrementare gli
incassi provenienti dal film con l’acquisto di prodotti che consentano
un utile suppletivo, da non dividere con gli altri partecipanti alla catena
di sfruttamento economico dell’opera cinematografica(10).
Paradossalmente, sembra
riproporsi alla fine degli anni Novanta un modello di cinema-going
per certi versi simile a quello degli anni d’oro del cinema: come lo spettatore
degli anni cinquanta andava al cinema, così oggi si va al
Warner, senza curarsi troppo di quello che si va a vedere: andare al
multiplex è come accendere la televisione, o come avere in mano
un telecomando (Delmestri, 1992); si può scegliere il film dopo
aver scelto di andare al cinema, che è quel che quasi sempre avviene
quando si parla di televisione (si accende la TV e poi si decide cosa guardare).
Il medium torna a essere più importante del messaggio.
Aggiungiamo alcuni dati.
L’AGIS (http://www.agisweb.it) ci informa che Torri di Quartesolo (il comune
del Warner Village vicentino) è la dodicesima città cinematografica
d’Italia. Nel periodo tra l’1 agosto 1998 e il 20 giugno 1999 sui 9 schermi
del Warner Village hanno proiettato 140 film, con 782.518 presenze, per
un totale di 9 miliardi e venticinque milioni di incassi. Per un confronto
osserviamo la situazione dell’intera città di Padova:
PADOVA: undicesimo posto
in classifica, 18 schermi, 313 film proiettati, 891.986 spettatori paganti,
£9.446.306.000 di incassi. In quanto a incassi, siamo poco oltre
quelli del Warner Village, che si colloca prima di grandi città
con decine di sale cinematografiche e un numero maggiore di schermi (prima
dei 17 schermi e dei 222 film di Catania). I nove schermi del Warner, in
definitiva, incassano quasi quanto i 18 di Padova, pur avendo mostrato
173 film in meno.
Tabella 1. Schermi, numero
di film, incassi e spettatori del periodo tra l’1 agosto 1998 e il 20 giugno
1999
13 CATANIA 17 222 £
8,395,740,000 955,930
Città | Schermi | N. Film | Incasso | Spettatori |
1 ROMA | 182 | 458 | £104,554,800,000 | 9,366,716 |
2 MILANO | 63 | 411 | £ 63,682,270,000 | 5,576,246 |
3 TORINO | 46 | 360 | £ 32,773,710,000 | 3,343,322 |
4 BOLOGNA | 44 | 377 | £ 24,902,670,000 | 2,342,914 |
5 FIRENZE | 42 | 300 | £ 24,529,700,000 | 2,237,567 |
6 NAPOLI | 39 | 278 | £ 23,649,580,000 | 2,207,349 |
7 GENOVA | 31 | 322 | £ 16,542,870,000 | 1,638,058 |
8 PALERMO | 22 | 251 | £ 15,788,720,000 | 1,521,586 |
9 MODENA | 24 | 251 | £ 10,364,980,000 | 926,403 |
10 BRESCIA | 20 | 247 | £ 9,507,811,000 | 823,380 |
11 PADOVA | 18 | 313 | £ 9,446,306,000 | 891,986 |
12 TORRI QUAR. | 9 | 140 | £ 9,025,257,000 | 782,518 |
13 CATANIA | 17 | 222 | £ 8,395,740,000 | 955,930 |
14 MONZA | 10 | 157 | £ 8,326,921,000 | 787,302 |
15 VERONA | 12 | 227 | £ 7,907,284,000 | 734,563 |
16 MELZO | 7 | 129 | £ 7,795,429,000 | 745,272 |
17 PARMA | 13 | 213 | £ 7,655,865,000 | 662,268 |
18 MESTRE | 9 | 238 | £ 7,083,113,000 | 659,002 |
19 BARI | 15 | 229 | £ 6,725,939,000 | 636,857 |
20 BERGAMO | 9 | 178 | £ 6,626,331,000 | 600,870 |
21 CASAMASSIMA | 9 | 169 | £ 6,433,372,000 | 592,900 |
22 TREVISO | 7 | 197 | £ 5,921,784,000 | 561,837 |
23 LUGAGNANO | 8 | 152 | £ 5,719,277,000 | 500,297 |
24 FERRARA | 12 | 205 | £ 5,589,657,000 | 538,463 |
25 PESCARA | 8 | 163 | £ 5,579,029,000 | 579,610 |
Solo qualche ulteriore commento
alla tabella: riteniamo che la cosa più interessante sia il confronto
tra la posizione in classifica, il numero degli schermi e il numero dei
film proiettati: città con un numero più elevato di schermi
(e anche con un maggior numero di abitanti) si trovano più indietro
rispetto a Torri di Quartesolo. Segno dell’altissimo sfruttamento da parte
del Warner Village delle sale di cui è dotato.
È interessante notare
come molte piccole città, o paesi-satellite di grandi città,
dove sono state costruiti i multiplex, si trovano in classifica: Torri
di Quartesolo, Monza, Melzo, Casamassima, Lugagnano di Sona.
Il numero di film proiettati
in dieci mesi al Warner Village è inferiore solo a quello di Melzo,
altra sede di un multiplex, l’"Arcadia". Gli otto schermi di Pescara, che
hanno guadagnato complessivamente quasi quattro miliardi in meno rispetto
a Torri di Quartesolo, hanno proiettato 23 film in più. I multiplex
non hanno bisogno di proiettare molti film, dato che riescono a riempire
le sale anche con lunghe teniture. Possono spostare infatti – come detto
– i film da sale più grandi a sale più piccole, col passare
del tempo. Nessuna offerta filmica aggiuntiva, quindi. Ma occorre anche
dire che, dal punto di vista economico, nulla sembrerebbe indurre i multiplex
a cambiare la programmazione.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI