Quale spazio ai cinema nella Biennale Architettura 2021? - parte prima

A Prishtina, il Kino Armata è ritornato a essere di tutti
di Elisabetta Brunella

"How will we live together?" è il tema della diciassettesima Biennale di Architettura che si è appena chiusa a Venezia. Impossibile per noi di MEDIA Salles non vedervi una consonanza col messaggio programmatico che avevamo scelto all’inizio della nostra attività: "Europe gets together in the cinema".

La sala cinematografica era - e resta - per noi uno dei principali spazi comuni in cui si esprime la vita in una forma collettiva, dalle caratteristiche particolari. La casualità crea in sala una sorta di comunità temporanea che condivide la fruizione di un certo tipo di prodotto, con un intento ricreativo o artistico, culturale o informativo e così via. Al tempo stesso la sala cinematografica gioca un ruolo importantissimo nel tessuto urbano, culturale, sociale ed economico.

Ovvio dunque pensare di trovare alla Biennale testimonianze, modelli e riflessioni sui cinema e sul loro futuro, anche alla luce dell’impatto avuto dal Covid e dalle conseguenti misure restrittive della socialità sul consumo delle produzioni audiovisive.

"L’attuale pandemia globale - si legge nell’intervento del curatore Hashim Sarkis - ha senza dubbio reso la domanda posta da questa Biennale Architettura ancora più rilevante e appropriata, seppure in qualche modo ironica, visto l’isolamento imposto. Può senz’altro essere una coincidenza che il tema sia stato proposto pochi mesi prima della pandemia."

Tuttavia, nonostante il tema e gli stimoli - o le costrizioni - generati dallo sconvolgimento mondiale causato dal Covid, le opere esposte alla Biennale 2021 sembrano aver privilegiato l’abitare rispetto agli spazi pubblici. Per quanto riguarda il cinema, spicca la riflessione proposta da Bekim Ramku, della Kosovo Architecture Foundation, in collaborazione con Nol Binakaj, dal titolo "Prishtina Public Archipelago".

La ricerca analizza cinque spazi a funzione pubblica costruiti nel centro della capitale del Kosovo nel periodo della Iugoslavia socialista, tra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo scorso. Gli eventi politici e bellici scoppiati alla fine del Novecento hanno stravolto funzione, utilizzo e percezione di queste strutture (un hotel, un cinema, una piazza, una tipografia, un palazzo per le attività giovanili e sportive).

In una prima fase la popolazione albanese non ha più potuto usufruirne, mentre in quella successiva è scattata una corsa alla privatizzazione. Il Kino Armata è riuscito a sfuggire a questo destino e dal 25 aprile 2018 è tornato ad avere una funzione pubblica. Storia e attualità le spiega chiaramente Alush Gashi, oggi direttore del cinema, in un post e in un video che fanno parte dell’iniziativa "Prishtina Public Archipelago" alla Biennale.

Il Kino Armata ha iniziato a riemergere come spazio pubblico a metà del 2017, quando sono stati rimossi il filo spinato e la barriera che isolava l’insieme di edifici che erano stati usati come sede dell’amministrazione internazionale del Kosovo, affidata in primis all’ONU e anche, per la ricostruzione economica, all’UE.

Il cinema era nato come "Casa dell’esercito popolare della Iugoslavia", (The House of Yugoslav People’s Army), un’istituzione statale presente in varie grandi città della Federazione. Fungeva come fulcro per la propaganda, basata sulla proposizione di pellicole accuratamente scelte per esaltare il comunismo e la nascita della Iugoslavia dalla Seconda guerra mondiale, ma anche come centro ricreativo popolare.

Non mancavano infatti i film di Bruce Lee o quelli italiani con la coppia Terence Hill e Bud Spencer, che spopolarono negli anni Ottanta, e nemmeno le serate musicali e/o danzanti, che davano l’impressione che la situazione socio-politica del Kosovo fosse più o meno normale.

Ma quando questa peggiorò e iniziò il boicottaggio delle iniziative federali da parte della componente albanese, il Kino Armata abbandonò nel 1988 la sua funzione pubblica e rimase a disposizione dell’esercito ed eventualmente di iniziative destinate a specifici segmenti della popolazione serba, come per esempio gli studenti.

Anche quando nel 1999 l’esercitò si ritirò dal Kosovo, il Kino Armata non tornò ad essere aperto al pubblico. L’ONU e l’UE lo utilizzarono per loro scopi, tra cui l’organizzazione di conferenze stampa. Le istituzioni europee, tuttavia, favorirono un progetto che iniziò a prender forma nel 2015, finalizzato a restituire il Kino Armata ai cittadini ed a creare un centro di scambio culturale ed un motore di pensiero critico a Prishtina.

Oggi il cinema è nelle mani di una fondazione indipendente, a cui partecipano anche lo stato ed il comune, che cura la programmazione, restando fedele al principio che ogni evento debba essere aperto a tutti. Retrospettive di maestri del cinema si alternano a film ed eventi musicali sperimentali o di produzione locale e si abbinano a incontri con artisti, soprattutto delle giovani generazioni, e dibattiti su temi di attualità.

Pur in un "guscio" che ha conservato le caratteristiche dell’architettura socialista della seconda metà del Novecento e 300 poltrone color blu ONU, il Kino Armata, nei primi anni della sua nuova vita, ha mostrato che il cinema può veramente essere il ponte che colma il divario culturale tra il Kosovo e la scena internazionale, ponendosi come modello nell’area balcanica.

Senza rinnegare una storia complessa e dolorosa. Il nome è rimasto quello di un tempo - Kino Armata -, il ruolo nella società e nella storia, invece, vuole essere altro.


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