Quando la spazzatura di tanti diventa un tesoro per tutti
di Elisabetta Brunella

Non rassegnarsi alla “spazzaturezza” è uno dei messaggi che emergono dal film d’animazione “Trash - la leggenda della Piramide Magica”, che racconta le avventure di una serie di scarti - una scatola di cartone, la bottiglia di una bibita, un contenitore di pile - alla ricerca di una seconda vita. Ma è anche uno degli obiettivi che si stanno delineando sempre più chiaramente nelle strategie delle imprese di esercizio nel loro percorso verso la sostenibilità.

Scienza e tecnologia hanno molto da dire in questo approccio innovativo. A questo proposito basterà citare il caso emblematico del Prof. Alireza Kharazipour che, appassionato cinefilo, ha avuto l’intuizione del riutilizzo degli scarti del mais soffiato proprio al cinema. Oggi, l’università presso cui insegna, la Georg-August di Gottinga, è all’avanguardia nella sperimentazione delle applicazioni di questo nuovo materiale in vari campi: dall’imballaggio (uno dei settori che più consuma plastica) al mobilio, dall’isolamento degli edifici fino alle stoviglie. Monouso sì, ma compostabili.

A limitare l’utilizzo della plastica - spesso quasi “invisibile”, ma pur sempre presente, come ad esempio in forma di pellicola che riveste l’interno dei contenitori realizzati con la carta - ci stanno provando diverse sale cinematografiche.

Le modalità più frequentemente adottate vanno in due direzioni: optare per materiali biodegradabili o riciclabili oppure fare in modo che i recipienti di plastica possano essere riutilizzati più volte.

Il cinema Lux di Massagno, in Canton Ticino, - fresco di una ristrutturazione che ha dotato l’edificio di un cappotto isolante - ha scelto la via del riuso per bicchieri e flûtes che ha voluto personalizzare col proprio logo.

Dagli Stati Uniti, in particolare dalla catena NCG, forte di 25 complessi in 9 stati, arriva la formula “free refill”, che mira ad invogliare lo spettatore ad acquistare, per circa 20 dollari, un gigantesco secchiello di popcorn alla prima visita. Poi, per un anno intero, il possessore del “barattolo magico”, ogni volta che tornerà al cinema, pagando 4 dollari, potrà riempirlo a piacere.

Al riuso punta anche l’iniziativa “Recup / Rebowl”. Largamente diffusa in Germania, propone, a tutte le imprese che vendono cibi e bevande in contenitori da asporto, una formula che spinge il cliente a restituire in uno dei quasi 12.000 punti dedicati il classico bicchiere da caffè o la ciotola dell’insalatona. Per quanto riguarda le sale cinematografiche, tra gli “early adopters”, spicca il Cinecitta di Norimberga, il famoso complesso che, nato nel 1995, ha continuato non solo ad aumentare il numero dei suoi schermi, ma ad adottare le tecnologie via via più avanzate.

Sul versante dei materiali alternativi alla plastica si colloca l’iniziativa della società danese Stay Well, nata proprio nel periodo del Covid, che fornisce alle sale cinematografiche recipienti ed altri accessori - come per esempio le cannucce - prodotti a partire dalla fibra del bambù, una pianta che cresce spontaneamente e dalla quale si ricavano prodotti che non necessitano di essere sbiancati chimicamente.

Negli Stati Uniti, vengono invece proposti, dalla società Smart Planet Technologies, bicchieri per le bevande che fanno a meno della pellicola di polietilene, e che possono quindi entrare nel processo di riciclo della carta. Tanto per non fare confusione, si chiamano anche loro reCups!

A differenza di altre tappe della transizione ecologica delle sale - come la sostituzione dei proiettori digitali dotati di lampade allo xenon con proiettori laser o l’adozione di energia da fonti rinnovabili - il riciclo e il riuso dei materiali adottati dai cinema, in particolare quelli necessari per la vendita e la somministrazione di cibi, snacks e bevande non dipendono solo dalle scelte dell’esercente, ma richiedono la fondamentale collaborazione degli spettatori e delle istituzioni pubbliche.

Altrimenti, tutto quello è riciclabile diventa facilmente non riciclato. Risulta così fondamentale puntare sulla comunicazione con il pubblico, come ha fatto, negli Stati Uniti, il circuito Cinemark, forte di oltre 4.000 schermi. “Non basta collocare contenitori, per quanto colorati e con una grafica molto chiara, per assicurare la raccolta differenziata dei rifiuti all’uscita di ogni sala: lo spettatore, nella fretta e nella ressa, difficilmente colloca la lattina o la bottiglietta di plastica nel posto giusto”, ha dichiarato, a Boxofficepro, Art Justice, responsabile della gestione delle risorse energetiche di Cinemark. “Bisogna che il cliente sappia già, prima di lasciare la sala, come è organizzata la differenziazione. Per questo ci siamo orientati verso un filmato da mostrare prima di ogni proiezione.”

Per quanto riguarda invece la collaborazione con le autorità pubbliche, un esempio virtuoso viene da Barcellona, dove già nel 2018 sale cittadine e Comune avevano siglato un primo accordo, poi rinnovato, che fissa alcuni traguardi da raggiungere. Tra questi figurano la digitalizzazione della comunicazione pubblicitaria, la riduzione dell’uso della plastica e del polistirene, la formazione del personale nella gestione dei rifiuti e nel risparmio energetico. A fronte di questi impegni, i cinema che aderiscono ottengono una riduzione del 10% sulla tassa dovuta per la raccolta dei rifiuti.

Insomma, per parafrasare la morale di “Trash”, i cinema stanno via via imboccando la strada che dovrebbe trasformare “la spazzatura di tanti in un tesoro per tutti”.

Questo articolo è stato pubblicato nello numero online di giugno di Cinema & Video Int'l, media partner di MEDIA Salles

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