XDC firma accordi con le 6 majors

XDC è la società con sede in Belgio e attiva in più paesi europei che è stata creata dal gruppo EVS per agire come “facilitatore” della transizione delle sale al digitale, proponendo soluzioni che da una parte mirano ad aumentare la disponibilità dei contenuti digitali e dall’altra a finanziare l’adeguamento tecnologico. Molti ricorderanno la proposta fatta alcuni anni fa: l’installazione di un sistema elettronico o digitale sulla base di una sorta di canone mensile pagato dall’esercente.

XDC ha recentemente aperto una nuova fase: ha infatti annunciato, in chiusura del festival di Cannes, di aver raggiunto un accordo non esclusivo con quattro studios per finanziare, col modello Virtual Print Fee, l’adozione di sistemi digitali rispondenti alle specifiche DCI in 8.000 schermi europei. Un mese dopo lo stesso tipo di accordo è stato firmato anche con Sony Pictures e Universal.

Le sei majors si impegnano, da una parte, a rendere disponibili sul mercato europeo i loro contenuti digitali e, dall’altra, a riconoscere a XDC un contributo commisurato ai risparmi che otterranno distribuendo i loro film in digitale invece che in 35mm.

Grazie a questo meccanismo il costo della transizione al digitale verrebbe ripartito per circa due terzi sui distributori ed un terzo sugli esercenti.

Ne parliamo con Fabrice Testa, Direttore Commerciale di XDC.

Consideriamo il vostro accordo dal punto di vista di un esercente europeo interessato a passare al digitale: come potranno le sue sale essere incluse negli “happy few”, cioè negli 8.000 schermi (su oltre 30.000 attivi in Europa) che rappresentano il vostro obiettivo?

Secondo il modello VPF sperimentato negli Stati Uniti, il contributo degli studios sarà versato a XDC che, fungendo da intermediario, si accollerà in prima battuta i costi per l’acquisto dei sistemi di proiezione digitale. Tale contributo sarà calcolato in base alla quantità di prodotto di ogni major che ciascuno schermo proietterà. Molto pragmaticamente inviterei perciò chi fosse interessato a entrare in questo schema a contattarci: ci sarà infatti una valutazione caso per caso, legata al numero dei cinema e degli schermi da convertire alla nuova tecnologia, alla loro capienza e al numero dei biglietti venduti ed ovviamente alla quota che i film di ogni major in questione rappresentano. In linea di principio qualunque sala potrebbe “generare” questo tipo di contributo, qualunque sia la quantità di proiezioni dei film “main stream”: bisogna però essere sicuri che nell’arco temporale previsto (10 anni) si arrivi a coprire il costo dell’operazione.

Questo conferma l’opinione di coloro che ritengono che il VPF non sia il “rimedio universale” a quello che è uno dei maggior freni alla digitalizzazione delle sale, cioè come riequilibrare i costi tra distribuzione ed esercizio. Che cosa succederà alle sale che non rispondono ai requisiti VPF?

E’ chiaro che sale che basino la loro programmazione su una maggioranza di film nazionali, locali o comunque non distribuiti dalle majors, difficilmente potranno beneficiare di questo schema. Anche per questo XDC ha previsto una formula di leasing che agevoli dal punto di vista finanziario l’acquisto delle apparecchiature da parte delle sale stesse, assicurando contemporaneamente l’assistenza tecnica di XDC.

Questo testo è una versione aggiornata dell’articolo apparso sul Giornale dello Spettacolo del 20 giugno 2008.

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