Rapporto sul convegno
di
Giovanna Anello Matteo
de Angelis Giulia Matticari
Sessione
inaugurale
Dopo un breve saluto del
direttore dell'Accademia di Francia Bruno Racine, la presidente
di Eurovisioni Luciana Castellina apre il dibattito presentando
le due tendenze divaricanti entro cui è stretta l'identità
culturale europea: il globalismo e il ripiegamento sull'identità
nazionale.
Lo specifico della cultura
europea è l'essere la storia di ogni singola nazione, con la sua
lingua e le sue tradizioni.
Dopo l'egemonia del popolo
romano e del popolo francese (nel '700) siamo ora colonizzati dagli americani,
il cui linguaggio "cinematografico" ci permette di comunicare, accomunandoci
tutti
"Ha senso parlare di specificità
europea?" "Sì", soprattutto se si intende una riappropriazione dell'identità
europea, che però è messa in pericolo dal globalismo.
Noi europei non dobbiamo
assolutamente perdere il rapporto con il territorio e con la geografia;
anzi dovremmo prendere a modello la cultura zingara, caratterizzata da
una fortissima identità culturale non localistica, nomade, trasversale
e per nulla provinciale.
L'introduzione è ad
opera del presidente del Gruppo Canal Plus, Pierre Lescure, il quale
condivide il motto adottato dagli ecologisti americani "Think global, act
local".
Per Lescure è necessario
un apporto locale e nazionale al fine di costruire un'industria audiovisiva
europea. Canal Plus ha articolato la formula pay TV in diverse realtà
europee. Tale esperienza ha dimostrato come nel mondo televisivo l'equilibrio
tra globalismo e localismo è d'obbligo: "démarche glocale".
Lescure fa una breve rassegna
del lavoro di Canal Plus nel campo della produzione europea, giungendo
alla definizione di un film europeo: una produzione inglese finanziata
da diversi paesi dell'UE e non un cocktail di un film italiano, francese,
tedesco, ecc. Rimanendo in campo britannico, Lescure afferma che gli inglesi
sono stati gli unici ad investire nelle c.d. "fiction pudding", con lo
spiacevole risultato di scimmiottare, spesso invano, programmi d'oltreoceano.
Dati alla mano, le fiction
nazionali dei paesi europei nel '98 hanno superato le 5000 ore di programmazione
e si sono imposte sulle ore di fiction americane, il cui prezzo di un minuto
di trasmissione è aumentato del 140%!
Il tasso più basso
di programmazione di fiction nazionali si è purtroppo registrato
in Italia con appena il 17%, contro il 90% in Gran Bretagna, il 69% in
Germania, il 50% in Spagna, tutte percentuali destinate a crescere.
L'intervento del Presidente
si conclude con un altro dato molto interessante riguardante la Francia,
che ha investito 60 mld di lire per due anni nel cinema italiano, a riprova
questo dell'importanza della collaborazione sia a livello di produzione
che di diffusione di prodotti televisivi e cinematografici tra i paesi
dell'Unione Europea.
A seguire l'intervento del
professor Garnham della University of Westminster, il quale affronta
il discorso sulla cultura europea come "industria culturale", sintesi di
due linee di analisi: una culturale e una economica.
In quest'ultimo caso la
cultura viene considerata come una qualunque merce da immettere sul mercato
(cosa che peraltro avviene già da circa duecento anni).
Il professore di comunicazione
espone le sue perplessità e preoccupazioni verso un problema molto
diffuso in Europa: la tendenza ad esaltare una cultura "di Stato", regolata
dal governo vigente. A suo parere si dovrebbe trovare un equilibrio tra
regolamentazione della cultura e controllo assoluto da parte del governo:
non quindi una "libertà selvaggia" della cultura, senza censure
e controlli, ma neppure un produzione culturale completamente e assolutamente
assoggettata al potere dello Stato.
La globalizzazione non è
necessariamente omogeneizzante e quindi negativa: "… è vero che
l'economia di scala porta a concentrazioni e omologazioni, ma questa tendenza
permette anche una grande varietà culturale.".
Dopo il professor Garnham
è la volta del professor Rolando, il quale si allaccia al concetto
di qualità secondo le organizzazioni americane. Per queste "qualità"
sarebbe sinonimo di alta professionalità e di alta selettività.
Il discorso viene ripreso
da Gaetano Stucchi, direttore del dipartimento programmi TV UER/EBU,
che ritiene che la nozione oggettiva di "qualità" si avvicini notevolmente
al concetto di "diversità".
Stucchi riprende il motto
degli ecologisti americani "Think global, act local" sostenendo però
che per agire locale è indispensabile pensare locale. E' altrettanto
importante a suo parere che la globalizzazione venga realizzata nel campo
culturale in connubio con quello economico-industriale. Infatti la nazione
e l'impresa sono i due protagonisti di tale processo, ognuno con i propri
ruoli: la nazione, lo Stato si deve occupare di controllare la crescita
delle singole imprese evitando che si giunga ad un monopolio; dal canto
loro le imprese saranno impegnate a crescere a tal punto da schiacciare
tutte la possibili concorrenti.
Stucchi punta molto su una
distinzione per lui tanto più importante quanto più poco
colta: "regola" e "regolazione" non sono la stessa cosa. Purtroppo però
i regolatori europei tendono a considerarsi dei legislatori anche quando
non lo sono a differenza dei colleghi del nuovo mondo che hanno sempre
ben presente la distinzione dei compiti.
Non può esistere
una cultura europea imposta dall'alto ma regole comuni possono facilitarne
lo sviluppo creando delle opportunità di conoscenza reciproca permettendo
la collaborazione tra TV pubbliche.
Il direttore conclude questo
suo primo intervento introducendo l'importanza del negoziato, che nella
c.d. "società dell'informazione" diventa addirittura parola- chiave.
Questo negoziato deve essere permanente e purtroppo ciò non avviene
con gli americani.
L'ultimissima battuta di
Stucchi è indirizzata agli apparati pubblici da lui definiti come
strumento fondamentale di produzione culturale nazionale.
L'ultimo oratore della prima
manche di questi tre giorni di conferenze è Krzysztof Zanussi,
direttore Film Studio TOR. Con il suo breve discorso tocca un aspetto molto
delicato, ovvero l'importanza sempre crescente della statistica. Alle sue
ferree regole sottostanno anche discipline che teoricamente non dovrebbero
essere interessate ai numeri ma solo all'"estetica" e alla qualità,
quali la produzione di film cinematografici e di fiction televisiva. Purtroppo
però viene trasmesso in prime time solo quello che è più
visto, anche se è di bassa qualità contenutistica ed artistica.
Non vige più il buon gusto opposto al cattivo gusto ma solo quello
che è più visto contro quello che è meno visto.
ATELIER
1
"L'evoluzione delle
politiche di sostegno alla produzione in Europa"
Presiede: Carole TONGUE,
Consigliere Euro-Media-Culture
Relatore: Jean-Noel DIBIE,
Delegato agli Affari Europei, France Télévision
L'atelier 1 é incentrato
sul dibattito relativo alla promozione dell'industria audiovisiva europea,
che non può e non deve limitarsi alle politiche di sostegno alla
produzione, le quali peraltro funzionano già bene a livello nazionale.
Il problema principale sembra invece essere legato al persistere di un
blocco alla circolazione delle opere europee, che andrebbero maggiormente
promosse e diffuse. L'atelier si sviluppa su una serie di interventi che
affrontano la questione dal punto di vista di professionisti del settore
provenienti da vari paesi, facendo così emergere limiti e virtù
dei diversi sistemi nazionali.
Pierre Lampron, Presidente
della SODEC (Canada), parla dell'esperienza canadese di sostegno alla produzione
e circolazione delle opere audiovisive, basata su sgravi fiscali, incentivi
alla produzione ed un efficace sistema di crediti bancari.
Mary Swords, dell'Arthur
Cox Earlsfort Centre (Irlanda), fa a sua volta un quadro del sistema di
aiuti nazionali irlandesi, mirato a promuovere l'industria audiovisiva
di un piccolo paese in larga misura dipendente dagli investimenti stranieri:
incentivi alla produzione e finanziamenti agevolati rappresentano il principale
mezzo di sostegno alla produzione.
Citto Maselli, Presidente
FERA, sottolinea come in Italia la crisi non sia legata tanto alla produzione,
che raggiunge buoni livelli quantitativi, quanto piuttosto alla circolazione
e alla diffusione delle opere, che andrebbe maggiormente sostenuta.
Aurelio De Laurentis,
Presidente FIAPF, parla della necessità di sovvenzionare nello specifico
le imprese di produzione e di distribuzione. Come sostiene anche Roberto
di RUSSO, Presidente RAI Trade, ciò permetterebbe lo sviluppo di
una seria politica produttiva, attenta ai gusti e alle aspettative dello
spettatore. Per De Laurentis infatti occorre sostenere i produttori "attivi",
capaci cioé di scegliere una produzione perché avrà
successo di pubblico, senza limitarsi a fare un film soltanto perché
ci sono dei finanziamenti: "la cultura audiovisiva europea deve imparare
a parlare al più ampio pubblico, deve aprirsi all'industria".
Roberto Barzanti,
Consulente FERA, sottolinea a sua volta come il sostegno alla produzione
sia vano senza un concreto impegno nella distribuzione. Queste politiche
inoltre devono avere sempre l'Europa come termine di riferimento, e non
soltanto le singole nazioni.
Gilbert Gregoire,
Presidente FIAD, concorda sulla necessità di favorire la distribuzione,
che rappresenta il limite dell'audiovisivo europeo ed allo stesso tempo
la chiave dell'imperialismo americano. L'Europa deve imparare a comunicare
attraverso l'audiovisivo e quindi iniziare ad esportare le sue immagini
all'estero.
Milly Buonanno, Coordinatrice
Eurofiction, evidenzia un nodo debole dell'apparato produttivo europeo,
caratterizzato da molti piccoli produttori e da pochi grandi gruppi: la
soluzione sembra essere il sostegno ai produttori indipendenti, anello
debole della catena produttiva, ma con grande potenziale creativo ed innovativo.
Pascal ALBRECHTSKIRCHINGER,
Rappresentante ZDF presso le istituzioni europee, si riallaccia allo storico
dilemma sui prodotti audiovisivi -merce o cultura?-, risolvibile una volta
per tutte nella doppia natura (economica e culturale) di questi prodotti.
Il problema secondo ALBRECHTSKIRCHINGER, risiede piuttosto nella mancanza
di una forte produzione e distribuzione locale, che sembra incarnare l'anima
più vera della cultura audiovisiva europea.
L'intervento di Adriano
Ariè, Presidente APT, riporta il discorso sulla necessità
per l'Europa di creare un'industria audiovisiva, capace di creare nuovi
prodotti. Egli nota infatti come all'aumento di canali non corrisponda
necessariamente un aumento di produzioni, con il risultato di diffondere
ripetutamente gli stessi programmi. Arié sollecita anche la collaborazione
fra produttori, distributori e diffusori, evidenziando il problema della
"commercializzazione dei diritti", che permette di diffondere ed al contempo
difendere il patrimonio culturale nazionale.
Luciana Castellina,
Presidente Eurovisioni, ritorna al problema della circolazione delle opere
audiovisive, che devono poter circolare non solo nelle sale ma anche in
TV: i prodotti europei sono spesso troppo costosi, per questo c’è
bisogno di contributi e agevolazioni fiscali. Ma l'On. Castellina approfondisce
il discorso della distribuzione dal punto di vista delle strutture: é
vano sostenere le opere se non si potenziano le strutture. L'aiuto andrebbe
quindi maggiormente articolato e rivolto ad interventi strutturali, come
ad esempio la produzione di copie dei film, la sottotitolatura ed il doppiaggio,
i diritti di riproduzione. Per quanto riguarda la creazione di opere europee,
le co-produzioni rappresentano indubbiamente un passo in avanti verso l'apertura
dei prodotti al di là del ristretto ambito nazionale: "la co-produzione
serve a guardare un'opera nazionale con occhio esterno", rendendola quindi
un pò più universale ed esportabile, più "circolabile".
27 settembre pomeriggio
ATELIER
2
"L'impatto dell'evoluzione
tecnologica sulla struttura dell'offerta dei programmi"
Presiede: Paola Manacorda - Commissario dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni.
Il Commissario introduce
gli argomenti sui quali si dibatterà durante la conferenza pomeridiana,
ovvero le difficoltà poste dalle nuove tecnologie: interoperatività
tra diversi operatori e la differente comunicazione indotta dalla TV (passiva)
e dal p.c. (attiva).
Il primo intervento è
di Guido Vannucchi (Forum Società Informazioni Italia) il
quale distingue tra interoperatività tra diversi mezzi di comunicazione
e quella tra diversi operatori. Vannucchi conclude il suo intervento affermando
che presto il linguaggio della TV e quello del p.c. tenderanno a convergere
anche se si avranno sempre due modi differenti di fruizione del mezzo:
"da salotto" per quanto riguarda la TV e "home-banking" il p.c..
A seguire tre brevi interventi toccano più da vicino il tema centrale dell'atelier. Il primo è di De Cockborne, Capo Unità Servizio di Comunicazione DG XIII-CE, il quale introduce la necessità di un intervento pubblico che garantisca un accesso alle interfaccia chiave non più discriminatorio; continua poi Michel Fansten, Capo Servizi Studi -CSA Francia, che sottolinea come cambierà la struttura dei contenuti con il proliferare delle reti via cavo, tramite le quali sarà possibile trasmettere e distribuire programmi TV, vendere e acquistare merci, attuando un vero e proprio "commercio elettronico"; si riallaccia al discorso dell'accesso David Wood, responsabile nuove tecnologie UER/ EBU, il quale sostiene che il pubblico non dovrà più spendere molto per procurarsi gli strumenti di ricezione e che questo fattore porterà di conseguenza ad una fortissima concorrenza sui contenuti trasmessi con le nuove tecnologie, via satellite e via cavo. Wood sottolinea anche, in accordo con De Cockborne, la necessità di un accesso equo e non più discriminatorio per tutti i potenziali utenti.
E' poi la volta del Direttore
delle Relazioni Internazionali WDR Andeas Weiss. Le fonti costose
o di bassa qualità avranno un impatto molto forte sulla struttura
del settore e sopravviveranno a questo impatto strutturale solamente pochissime
emittenti. Di conseguenza con l'aumento della concentrazione si avrà
un aumento della concorrenza e questo porterà all'apertura delle
interfaccia comuni.
Il problema è capire
se la regolamentazione debba bloccare le concentrazioni o se debba invece
limitarsi ad un'azione "light", di guida generale.
Claudio Carelli, Presidente
del Forum Information Society, parla delle tecniche di multicast che consentono
l'invio contemporaneo a più utenti e presenta un dato molto interessante:
ben 340.000 chiamate al secondo vengono soddisfatte!
Sono attualmente allo studio,
continua Carelli, diverse tecniche di registrazione basate sul procedimento
dei motori di ricerca: in questo modo si avranno "registratori intelligenti".
Elemento unificante di tutte queste nuove tecnologie sarà la produzione
di protocollo IP (quello di Internet) anche per i programmi TV.
Conclude questa prima tranche
il professor Mario Morcellini, della Facoltà di Sociologia
dell'Università "La Sapienza" di Roma. L'attenzione, questa volta,
viene posta sul pubblico, assoluto dominatore dell'industria culturale
italiana (molto più che in qualunque altro paese europeo). Il pubblico
ha "insegnato" (manipolando la TV generalista, con il videoregistratore,
con il telecomando e con il confronto tra TV generalista e canali tematici)
l'importanza della nuova TV digitale, nella quale è forte la convergenza
tra vecchi e nuovi media (che vengono in supporto ai soggetti più
deboli). Morcellini sottolinea come questa convergenza o meglio, la consapevolezza
di essa, debba nascere sui banchi di scuola, dell'università, cosa
che purtroppo è ancora troppo lontana dall'essere realizzata nel
modo più adeguato.
Gli attuali limiti nella
distribuzione sociale delle nuove tecnologie creano disuguaglianze e contraddizioni,
che le istituzioni dovrebbero contrastare attraverso un'attenta politica
di sviluppo che offra all'intera società l'opportunità di
apprendimento delle nuove tecnologie.
A questo punto il Commissario dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, Paola Manacorda, introduce un altro spinoso argomento la personalizzazione del palinsesto possibile con la TV digitale e con il video- on- demand, che lasciano sempre più spazio alla forza culturale del soggetto.
Il primo relatore ad intervenire
è Di Domenico il quale replica che fino ad oggi non ci sono
state adeguate risorse pubbliche dedicate ai gateway, ai linguaggi informatici,
ecc. Le risorse, a suo avviso, verranno sempre più suddivise tra
pochi canali generalisti, sia privati che pubblici. Anche in Italia la
pay TV dovrà crescere e si verificherà una contaminazione
reciproca tra settore pubblico e privato. Il settore pubblico cercherà
alleanze e partnership anche con il privato; a questo proposito Di Domenico
menziona accordi già avvenuti, come quelli tra la RAI e il Corriere
della Sera o tra la RAI e il Sole 24 ore, o ancora tra la RAI e Canal Plus.
Il privato usufruirà invece di risorse pubbliche.
Un altro intervento degno
di nota è quello di Guido Vannucchi, del Forum della Società
Informazioni Italia, il quale espone brevemente gli effetti dovuti all'impatto
dello sviluppo tecnologico riscontrati sull'offerta dei programmi. Prime
fra tutti la compressione e la digitalizzazione, che hanno portato ad avere
a disposizione un maggior numero di programmi, i canali tematici (basic
e premium), la pay per view (tramite modem), il video- on- demand, la multimedialità
a banda larga sul ricevitore domestico; altro effetto è stato quello
dell'informatica e della digitalizzazione nella produzione dei programmi
(v. Realtà Virtuale); ancora l'utilizzazione della tecnologia digitale
nella costruzione di archivi a basso costo; infine la convergenza tra TV
e Internet, possibile con l'avvento della multimedialità a banda
larga.
A questo punto il professor
Morcellini riprende il discorso dell'importanza dell'utenza affermando
che spesso il banco della domanda sembra essere più moderno di quello
dell'offerta.
In conclusione M. Fichera,
Eurovisioni, va in controtendenza ridimensionando l'impatto delle nuove
tecnologie: "manca la creatività per costruire nuovi contenuti,
frutto di un'epoca multimediale". Fichera sottolinea l'importanza della
post- produzione come momento creativo, rifiutando invece i "canali-memoria".
Pone infine l'accento sul rischio di disuguaglianza insito nelle nuove
tecnologie: mentre la comunicazione è stata sempre un mezzo di uguaglianza
e di sviluppo democratico, il prezzo e il know- how necessario alla fruizione
dei new media crea una discriminazione. Il risultato é che una
regolarizzazione leggera non é sufficiente a garantire uno sviluppo
democratico e coerente delle nuove tecnologie.
28 settembre 1999
ATELIER
3
" Una comune strategia
Europea per i prossimi negoziati dell’OMC"
Presiede Susan Baldwin, direttore esecutivo Canadian Radio- Television and Telecommunications Commission Broadcasting.
Valérie Panis, amministratore DG X responsabile delle Relazioni Internazionali dell'Audiovisivo, sostiene fermamente che a prescindere dalle tecnologie utilizzate la cosa principale rimane sempre il contenuto. I messaggi importanti devono essere lanciati con molta forza e devono raggiungere il pubblico come il privato: non ci può essere una trasmissione e una distribuzione discriminatoria.
Il Responsabile Audiovisivi
del Ministero Francese dell'Economia e delle Finanze, Xavier Merlin,
afferma che presentare un'offerta significa aprire il mercato e che a questo
punto non si possono più avere politiche preferenziali. Affronta
anche il problema dell'identità culturale europea e a proposito
dice che non bisogna vergognarsi di voler difendere i propri interessi
anche per la protezione delle nostre differenze culturali. Merlin conclude
il suo intervento sottolineando una distinzione per lui doverosa: il commercio
elettronico non è un sinonimo di servizio nuovo. Infatti il primo
si riferisce ad un nuovo supporto, ad una nuova tecnologia che viene in
soccorso dei vecchi servizi esistenti.
Degno di nota è sicuramente
il breve e conciso intervento della Presidente Luciana Castellina,
la quale si riferisce ai negoziati GAT definendoli solamente una fase e
dicendo che durante gli stessi è stata introdotta una nuova "categoria":
i c.d. beni culturali elettronici.
La Presidente menziona anche
l'intervento del Presidente degli Stati Uniti d'America, Bill Clinton,
all'OMC tenutosi a Ginevra nel 1997, secondo il quale l'audiovisivo occuperebbe
un posto decisamente centrale nell'ambito culturale non solo europeo ma
mondiale.
Conclude il giro di interventi
Lawerence
Safir dell' AFMA Europe, associazione di distributori di prodotti cinematografici.
L'AFMA è molto interessata alla "produzione", qualunque sia la nazione
produttrice. Safir afferma che con lo sviluppo di Internet utilizzato come
mezzo di trasmissione e distribuzione anche di prodotti culturali, non
cambierà il contenuto, o meglio, la qualità del contenuto
di tali prodotti, ma solo il "mezzo" su cui verranno trasportati.
Sessione di chiusura - Parlamento Italiano (Palazzo Marini)
Presentazione dell'ottava
edizione dell'Annuario Statistico del Cinema Europeo di MEDIA Salles a
cura del Prof. Carlo Boschetti, docente di Strategie d'Impresa all'Università
di Bologna. Il Prof. Boschetti presenta al pubblico MADIA Salles come un’associazione
che si occupa della diffusione del cinema europeo negli eventi in cui si
incontrano gli esercenti, si interessa al cinema per ragazzi, è
anche un'organizzazione di ricerca (che stende annualmente uno "yearbook")
e infine dal 1999 si occupa della stesura e distribuzione di una news letter.
Boschetti affronta poi lo
spinoso quanto attuale argomento del "business" e di quanto stia ormai
diventando un aspetto di cui l'arte non può più fare a meno.
Questo perché la complessità cresce e le varianti economiche
aiutano a gestire tale complessità. Diventa allora fondamentale
controllare la variabile economica, peraltro importantissima nelle fasi
decisorie e l'annuario di MEDIA Salles è di notevole aiuto da questo
punto di vista.
E' importante chiedersi
e capire perché il cinema negli ultimi anni è migliorato,
e per fare ciò è necessario prendere in considerazione gli
aspetti macroeconomici della società. Infatti da sempre si sa che
il cinema va in controtendenza a quella che è la situazione economica
del paese: ad esempio si è rilevato che più c'è carenza
di liquidità a disposizione del pubblico, più aumenta il
numero dei biglietti venduti. E tutto questo va a confermare quanto affermato
in apertura e cioè che il "business" è sempre più
e inevitabilmente parte integrante del mondo del cinema.
Boschetti conclude il suo
intervento sottolineando che l'opera di MEDIA Salles deve essere considerata
uno spunto in questo senso sia per le imprese private che per il settore
pubblico.
Interverranno poi tre importanti
relatori con il compito di fare il punto sui tre atelier dei giorni precedenti.
Il primo relatore è
Jean- Noel Dibie, delegato agli Affari Europei di France Télévision
che fa il punto sul primo atelier dal titolo "L'evoluzione delle politiche
di sostegno alla produzione in Europa". Secondo Dibie, non esiste contraddizione
tra le aziende e il progetto e quindi è necessario appoggiare sia
l'opera che le aziende. La parola chiave deve essere "complementarietà"
tra le impresa e l'opera.
Viene sottolineata l'importanza
per un'opera di essere di qualità, qualità che non è
un fattore economico. Con questo non si vuole assolutamente screditare
il lato economico di un'opera culturale che anzi è fondamentale,
in quanto senza i fondi non si potrebbero realizzare film.
Dibie sottolinea con forza
il ruolo della scuola nell'educazione "cinematografica": deve essere la
scuola a suscitare nei nostri bambini, il pubblico di domani, l'interesse
a vedere un film europeo e non solo i prodotti americani. Tutto questo
è possibile con l'aiuto dei pubblici poteri per la creazione di
prodotti di qualità, con l'utilizzo di mezzi di distribuzione adeguati
e con un'opera di diffusione efficiente. Vengono avanzate delle proposte
per agevolare la circolazione delle opere europee, come ad esempio quella
di dare un'opportunità ai film che hanno avuto successo nel proprio
paese di uscire dai confini della nazione.
Si sottolinea a questo proposito
l'importanza del mezzo televisivo e Dibie espone dati molto significativi:
gli spettatori cinematografici sono stimati essere circa 4000/5000 per
film, contro i 400.000/500.000 televisivi e questo nonostante in TV uno
stesso film venga trasmesso almeno una volta all'anno! Diventa di vitale
importanza quindi ampliare il raggio di diffusione in quanto i broadcaster
trasmettono solamente ciò che conoscono, limitando notevolmente
la circolazione dei prodotti europei.
A seguire è il turno
di Massimo Fichera, di Eurovisioni, che tira le somme per quanto
riguarda il secondo atelier. Fichera schematizza il suo discorso secondo
tre linee guida: la tecnologie, i contenuti, le regole. Per quanto riguarda
le prime, queste sono a suo avviso pronte per l'interoperabilità
dei diversi mezzi, diverse modalità di consumo e per stabilire un
equilibrio del sistema delle comunicazioni.
Passando ai contenuti è
inadeguata, o sottodimensionata, la loro evoluzione considerato lo sviluppo
tecnologico; il linguaggio della "neo- TV" e l'uso del terminale sono ormai
inscindibili; ci troviamo di fronte all'aumento dei prodotti multimediali;
il palinsesto viene sconvolto dallo "zapping"; l'utenza diventa sempre
più quella professionale ma anche quella domestica; cresce l'importanza
degli archivi ormai vere "isole del tesoro" delle moderne TV (basti pensare
che ogni programma diventa documento ogni sei mesi).
Infine per quanto riguarda
le regole, secondo Fichera non è più sufficiente una regolamentazione
leggera, anche se è fondamentale che la regolamentazione non soffochi
il mercato.
L'ultimo intervento di riepilogo
del terzo e finale atelier è quello di Stefano Rolando.
L'argomento trattato è
il negoziato, che questa volta è richiesto dall'Europa e non più
dagli USA. Il posizionamento europeo apparente in questo contesto è
di estrema cautela e prudenza. Rolando conclude il suo intervento accennando
all'esistenza di un problema riguardante il rinegoziare un consenso più
vasto nella società sulla questione "globalizzazione".
A questo punto si aprono
gli interventi degli oratori invitati e il primo è Giuliano Berretta,
direttore generale Eutelsat. Viene annunciata in anteprima la privatizzazione
di Eutelsat che avverrà il 02.07.2001 e si accenna ai problemi non
ancora risolti per quanto riguarda i landy rights sugli USA, nonostante
un satellite Eutelsat sia già posizionato sul Pacifico e sia già
in contatto con il Canada. Il collegamento con gli USA andrà a completare
la "rotta di Colombo", mentre tra breve sarà aperta anche la "rotta
di Marco Polo", con il satellite Sesat, creata per collegare l'Asia all'Europa
e viceversa (in questo campo però si dovranno risolvere i problemi
di estrema chiusura all'esterno dell'ambito indiano).
Berretta presenta anche
l'Atlantic Bird 1, che posizionato 12,5 gradi Ovest, permette il collegamento
permanente tra America del Nord, America del Sud (comprese le isole) e
Europa. Questo satellite, precisa Berretta, è stato commissionato
da un'organizzazione europea ad una ditta italiana, l'ALENIA.
L'utilizzo dei satelliti
ha portato tre vere rivoluzioni nel mondo della TV tradizionale.
Negli '80-'90 si assiste
all'introduzione della TV via satellite con il conseguente aumento dello
share, del numero di lingue in cui vengono trasmessi i programmi e una
erosone del controllo politico.
La seconda rivoluzione consiste
della c.d. TV digitale: con Eutelsat si è avuta la prima trasmissione
completamente in DVB, con la conseguente introduzione dei canali tematici.
Infine si è verificata
una vera e propria convergenza dei diversi mezzi, che si servono ora dello
stesso linguaggio.
Berretta passa poi ad analizzare
la questione anche da un punto di vista prettamente tecnico e afferma che
in un futuro sempre più prossimo si potrà realizzare una
micro TV a 2 bit al secondo; si potrà mettere all'interno di un
programma MPEG2 un programma MPEG4 in TCP/IP con la possibilità
di avere a disposizione 8/9 programmi TV nel calcolatore; sarà inoltre
possibile una TV in HD con al centro la TV generalista tradizionale, che
rimarrà comunque il nucleo fondamentale su cui si basa e si baserà
tutto il resto.
La parola passa poi a Fedele
Confalonieri, Presidente MEDIASET, il quale introduce il concetto di
globalizzazione inteso come nostro modo di essere nella politica e nell'economia
e come qualcosa di diverso dall'"americanizzazione". Dopo aver lodato l'operato
svolto nei tre atelier, esprime il suo giudizio favorevole alle esperienze
di coproduzione e in particolar modo si rifà alle tre fiction andate
in onda o che lo faranno tra breve su Canale 5 "Il Conte di Montecristo",
"Balzàc" e "I tre Moschettieri". Forse mosso anche da propri interessi,
Confalonieri si dice molto favorevole agli spot in quanto in essi vede
una possibile fonte di finanziamento dei film. Conclude marcando decisamente
il suo disaccordo riguardo il luogo comune secondo il quale la TV cannibalizzerebbe
il cinema.
E dopo MEDIASET è
il turno di RAI (per evidenti motivi di ordine alfabetico). Anche Roberto
Zaccaria, Presidente RAI, parla delle alleanze internazionali e accenna
all'avvenuto accordo della RAI con Canal Plus e Tele + (del dicembre scorso)
e con la RCS (datato 27.09.1999), definendoli propedeutici a preparare
le imprese a ragionare in termini di dimensioni europee. A suo parere solo
la realizzazione di archivi "europei" permetterà la reale collaborazione
"europea". Prende in considerazione anche RAI news 24 pronto ad una distribuzione
più ampia di quella italiana: infatti grazie all'utilizzo dei satelliti
raggiungerà non solo l'Italia ma anche tutta il resto dell'Europa.
Chiarisce il significato
dell'espressione "essere un servizio pubblico autorevole": essere un servizio
pubblico in grado di essere visto da tutti, non solo da chi paga l'abbonamento,
senza l'aggiunta di un nuovo canone. Accenna in conclusione alle sei società
in cui si articolerà la RAI, tra cui: RAInet , cinema, sport,
Mercoledì
29 settembre 1999.
Conferenza
speciale
"L'impatto della digitalizzazione
e dei canali tematici sulla televisione generalista"
L'introduzione è
ad opera di Gina Nieri, rappresentante MEDIASET, la quale pone molto
l'accento sull'importanza dei contenuti, a prescindere dalle nuove tecnologie
adottate, aggiungendo a tal proposito il fatto che l'industria italiana
sia notevolmente deficitaria nei riguardi dei contenuti dei suoi prodotti.
Parlando a nome del secondo polo televisivo in Italia, descrive il settore
digitale esclusivamente come progetto interessante, in quanto dai calcoli
effettuati non si sono riscontrati sufficienti ritorni economici che spingano
al tentativo. Per MEDIASET la sfida globale ha come connotati caratterizzanti
le dimensioni, la libertà di scelta degli alleati, l'aspetto finanziario.
Sulla scia di quanto affermato il giorno precedente dal suo Presidente
la Nieri tende a sottolineare la falsità dell'idea che la TV ammazzi
il cinema e l'inscindibilità, nella pratica, di TV e cinema.
Accenna in chiusura di intervento
alle due fonti di formazione di risorse in casa MEDIASET: la scuola autori
e la scuola di fiction.
Conclude centrando di nuovo
l'attenzione su quanto la MEDIASET ragioni su una logica di prodotti alti,
di alta qualità.
Molto importante e di rilievo
a questo punto è l'intervento del Ministro per i Beni e le Attività
Culturali Giovanna Melandri, che chiede al servizio pubblico
di operare un profondo rinnovamento reso necessario dall'attuale passaggio
dalla TV generalista a quella multicanale e tematica dell'era digitale.
Nel sistema radio - televisivo proliferano i "cento fiori" dei canali tematici
e questo fenomeno accelera il processo di impoverimento della TV generalista.
Infatti i programmi che presentano contenuti più alti si spostano
inevitabilmente verso i canali tematici anche se l'utenza resta ancora
molto attaccata alla TV tradizionale.
In questo contesto è
chiaro come il servizio pubblico debba ergersi a sentinella, per controllare
che la qualità dei contenuti non scivoli verso il basso. E' facile
a questo punto il riferimento alla RAI che non solo è la più
grande industria culturale del paese (e per questo il pubblico deve corrisponderle
un canone annuo) ma è anche un'impresa commerciale soggetta alla
concorrenza (alla quale deve far fronte tramite la vendita di spazi pubblicitari).
Al
fine di regolare la doppia natura commerciale e privata della RAI, Giovanna
Melandri reputa necessaria una seria razionalizzazione societaria. La TV
pubblica deve ricercare programmi di qualità e non soltanto di quantità.
A tal fine il canone può preservare la TV pubblica dal rischio di
sottomissione alla legge dell'audience. Anche perché la qualità
e la varietà culturale devono essere garantite a tutti, non possono
essere limitate soltanto a chi ha i mezzi economici per permettersi la
pay-TV. La tendenza dovrebbe essere al contrario quella di estendere l'accesso
e la fruibilità delle attività culturali, incluse quelle
legate alla TV, sia essa generalista, tematica e tanto più pubblica.
La Melandri sottolinea
inoltre il bisogno di produrre contenuti di un certo livello culturale:
questa è la grande sfida del settore culturale nel nostro paese,
avvantaggiato dalla sua segmentazione culturale, dalla sua storia e dal
suo patrimonio artistico. Più diventa universale l'accesso
alle tecnologie più si vuole e si deve promuovere la
propria cultura.
Ci dovranno essere modalità
di approccio più adeguate al mezzo e la varietà e la qualità
del prodotto non dovrà più dipendere esclusivamente dai mezzi
economici a disposizione dell'utente. I servizi pubblici europei devono
porsi quale sentinella della qualità senza però dimenticare
la produzione e l'offerta di una TV di nicchia. "La qualità e la
cultura nella TV generalista passano, devono passare, attraverso i linguaggi
della TV" afferma il Ministro Melandri. Non si tratta di tematizzare la
TV generalista, ma di creare qualcosa di nuovo.
Sessione
2
"I nuovi fabbisogni
formativi"
Si susseguono negli interventi
Giorgio Preda, responsabile della formazione giovani autori MEDIASET,
che espone le dinamiche, i requisiti necessari e gli sbocchi del master
in Comunicazione e Marketing della MEDIASET. Secondo Giorgio Preda le
nuove tecnologie digitali stanno cambiando profondamente lo scenario, ma
in modo limitato le professionalità in gioco: la tecnologia non
dà nuove idee, essa é solo uno strumento che permettere di
svolgere in modo più efficacie e creativo i vecchi mestieri, ampliando
i classici ruoli lavorativi.Il lato umano, creativo, prevale sempre sull'innovazione
tecnologica. Al termine del suo interessantissimo intervento deve rispondere
e come lui successivamente anche i suoi colleghi della "concorrenza", ad
una spinosa quanto mai attualissima domanda postagli da uno degli studenti
presenti in sala: ovvero se sia vero o meno che, purtroppo, la laurea non
è più sufficiente a trovare un posto di lavoro in questo
campo. Preda risponde che il problema è reale e che per accedere
a quei posti che sempre più spettano alla cd "top ten", la "semplice"
laurea non è più sufficiente, ma occorre specializzarsi sempre
più ed accrescere il proprio bagaglio di conoscenze e di esperienze.
E' poi la volta del vice
direttore della divisione produzione Tv della RAI, Vittorio Arrigoni,
che parla in modo specifico della formazione inerente il canale RAI news
24. Punto focale di tutto il suo discorso è il "must" di non mettere
mai limiti al budget per la formazione e soprattutto per l'"esercizio".
I
talenti infatti non solo vanno scoperti, ma anche formati e sviluppati.
L'ultimo intervento di Adriano
Ariè, presidente APT (acronimo di Associazione Produttori Televisivi)
è volto soprattutto a focalizzare l'attenzione sull'importanza vitale
del mantenimento del "profilo italiano" nella fiction, evitando drasticamente
di scimmiottare i prodotti americani, diversi dai nostri per mentalità,
cultura e mezzi.
Commento
personale di Giovanna Anello
L'atelier 3 merita un commento
a parte rispetto agli altri due, non tanto per la sua qualità chiaramente
né inferiore né superiore a quella degli altri, ma piuttosto
per il modo in cui è stato condotto dai suoi partecipanti. I discorsi
erano estremamente tecnici a tal punto da escludere i "non addetti ai lavori"
o chi vi si accostava per la prima volta. La comprensione del pubblico
è stata messa a dura prova dai continui riferimenti ad incontri
avvenuti mesi fa e dai quali venivano ripresi alcuni punti per essere approfonditi.
Anche per questo il mio resoconto non è stato molto dettagliato
ed approfondito, in quanto ho potuto riportare solo le parti di discorso
che si riferivano esclusivamente all'argomento dell'ordine del giorno.
Sono dell'idea che per permettere
ad un pubblico più ampio, che non sia composto dai soli relatori,
di partecipare a dibattiti così interessanti, si dovrebbe fare più
attenzione in futuro che l'accaduto appena menzionato non si ripeta.
Come commento conclusivo
di questa esperienza con Eurovisioni vorrei far notare degli aspetti che
per me sono stati a torto trascurati. Innanzitutto a mio parere sono stati
eccessivamente limitati gli interventi del pubblico presente che in sole
due occasioni ha avuto la possibilità di partecipare attivamente.
Connesso a questo aspetto va secondo ma menzionata l'eccessiva tecnicità
con cui sono stati affrontati alcuni temi. Non mi riferisco alla terminologia
utilizzata ma al fatto che troppo spesso la "tavola rotonda" di relatori
ha escluso dai suoi discorsi il pubblico presente in sala in quanto faceva
riferimenti e allusioni a riunioni avvenute a porte chiuse o tenutesi mesi
fa a cui chiaramente non tutti i presenti, per non dire nessuno, ha partecipato.
E questo è stato un vero peccato dato l'alta qualità dei
relatori presenti e il grande interesse e attualità dei temi affrontati.
Inutile quindi sottolineare
il pochissimo spazio concesso al gruppo di studenti europei, se non nell'ultima
giornata (per giunta prettamente italiana). Credo invece che con una più
adeguata preparazione che avesse preceduto le tre giornate si sarebbero
potuti ottenere ottimi risultati o comunque si sarebbe assistito ad una
novità assoluta nel mondo dei convegni.
Sono comunque dell'idea
che l'esperienza è molto utile e dovrebbe quindi essere ripetuta
in futuro: del resto sbagliando si impara.
Giovanna Anello- LUMSA-
Roma