Dati Generali | |
Produzione | David Barron per Midwinter Films/Castle Rock Intl |
Sceneggiatura e soggetto: | Kenneth Branagh |
Fotografia: | Roger Lanser |
Musica originale: | Jimmy Yuill |
Montaggio: | Neil Farrell |
Interpreti: | Michael Maloney
Richard Briers Mark Hadfield Nick Farrell Joan Collins |
Distribuzione: | Medusa |
Sinopsi
Joe Harper è un attore frustrato che non lavora da quasi
un anno e recentemente è stato scaricato sia dalla sua ragazza che
dalla sua produttrice di Hollywood, Nancy Crawford. Solo la sua agente,
Margaretta D'Arcy, crede ancora in lui. Joe tenta l'ultima carta contro
la sorte avversa. Decide di allestire un'edizione di "Amleto" durante le
imminenti vacanze natalizie. Si autofinanzia con i suoi ultimi risparmi
e con un prestito di Margaretta e decide di recitare lui stesso la parte
del principe danese. Per gli altri ruoli vede i personaggi più strani,
eccentrici, falliti o sul viale del tramonto. Senza troppe possibilità
di scelta sceglie un cast di sei attori per ricoprire i 24 ruoli della
tragedia shakespeariana. Henry Wakefield è molto anziano e amaramente
cinico: a lui spetteranno i ruoli di Claudio e del fantasma del re.
Tom Newman è intenso, narcisista e preciso. Reciterà
nei ruoli di Laerte, Fortebraccio e dei vari messaggeri.
Carnforth Greville è affabile, eccentrico e spesso ubriaco.
Reciterà nei ruoli di Rosencrantz e Guildestern oltre a quelli di
Orazio e Bernardo.
Vernon Spatch è acuto e ambizioso. Ama essere desiderato
e vorrebbe fare il regista. Interpreterà i ruoli di Polonio, Marcello
e dello scavatore.
Teri Du Bois è un omosessuale che ama il travestimento e
ha un grande cuore. Per mancanza di attrici reciterà nel ruolo di
Gertrude.
Nina Raymond è sveglia, entusiasta, generosa e romantica.
Reciterà nel ruolo di Ofelia.
Dopo aver messo insieme questo eterogeneo cast, Joe conduce i suoi
attori nel paesino di Hope dove "Amleto" verrà messo in scena in
una chiesa. La sorella di Joe è insegnante nell'asilo di Hope. Avrà
gli incarichi di manager della compagnia, assistente di scena e botteghino.
Ultimo componente del gruppo è Fadge, produttrice e costumista,
intensa, costantemente indecisa e con la testa tra le nuvole. Dovranno
vivere tutti insieme nella chiesa per tre settimane. Così la sfida
ha inizio. Joe sarà capace di mettere insieme uno spettacolo accettabile
con un cast come questo? Il pubblico andrà a vedere uno spettacolo
di questo genere? Joe riuscirà a dimostrare le sue capacità?
Terri Du Bois sarà una Gertrude credibile? La miope Nina causerà
qualche incidente fatale inciampando in scena in quella che potrebbe essere
l'ultima performance di Joe? Oppure accadrà un miracolo?
Intervista
con il regista
Qual è stato per te il punto di partenza
di questo film?
Circa quattro anni fa pensai di scrivere una commedia incentrata
sull'idea di qualcuno che cambia la sua vita completamente e smette di
fare l'attore. Volevo recitare in forma drammatica quel momento di crisi
quando ci si ferma per chiedersi che cosa si stia davvero facendo. Succede
a tutti gli attori - e a me in particolare - mi ha sempre fatto ridere,
perchè non serve a nulla, anche se poi lo facciamo lo stesso un
po' tutti. Negli anni questa idea si è trasformata in qualcosa di
meno pretenzioso, una specie di sguardo sul modo in cui gli attori si comportano
in quelle circostanze. Lo si potrebbe definire uno sguardo comico sullo
sconforto esistenziale.
Come hai trovato questa esperienza? Ti è
piaciuta?
Mi è sembrato di entrare in una nuova fase - come fosse una
cinematografia da "toccata e fuga". Mi è piaciuta la rapidità
delle riprese, la sfida di avere un tempo limitato perchè le cose
funzionassero. In mancanza di soldi, l'ingegno di ciascuno ha dovuto prendere
una direzione, e questo credo serva a mantenersi freschi.
Joe Harper è ispirato a te?
Direi di no. Un certo suo romanticismo, ottimismo, spontaneità,
sentimentalismo e anche un po' di stupidità, certamente vengono
da me. Ma non mi sono mai trovato nella situazione in cui si è trovato
lui e non ho avuto la sensazione di scrivere di me. Non mi è mai
successo di restare per un anno senza lavoro come Joe e dunque quella parte
è una finzione, anche se tira in ballo delle idee che mi interessano.
Perchè hai scelto Amleto come commedia
nella commedia?
Amleto è un argomento complicato. Ci sono quelli per cui
rappresenta quanto di più noioso e sciocco offrano il teatro e il
mestiere dell'attore, uomini in thight e bianche camicie merlettate. Per
altri invece può rappresentare una delle più commoventi e
straordinarie esperienze che si possono vivere in tetaro. Dunque nel film
guardiamo in modo ironico a entrambe le idee - quella in cui gli attori
si rapportano a Amleto come se rappresentasse lo zenith assoluto della
loro esperienza artistica e anche quella in cui, se recitato male, può
diventare veramente comico.
Perchè lo hai girato in bianco e nero?
Volevo vedere com'era raccontare una storia in bianco e nero e la
visione nostalgica del teatro che questa commedia rappresenta era perfetta
per essere mostrata in bianco e nero , come una commedia di Ealing. Volevo
anche trasmettere la sensazione come quelle che, un tempo, si sarebbero
provate nel vedere un film per la prima volta, e questo richiedeva il bianco
e nero. Quando vedevi per la prima volta Mickey Rooney e Judy Garland in
televisione, attori di 35 anni che interpretavano personaggi di sedici
- c'era qualcosa del bianco e nero che lo legittimava, perchè non
era davvero reale. Neanche questo film è reale. La gente non recita
commedie in chiesa, perchè non sarebbe consentito, ma cose del genere
succedevano nei vecchi film in bianco e nero e allora mi è sembrato
giusto fare lo stesso.
Amleto
e commedia: Un binomio impossibile?
Qualcuno ci aveva già provato. Ernest Lubitsch in Vogliamo
vivere! raccontava delle peripezie di una compagnia di attori nel periodo
dell'invasione nazista della Polonia a partire da un marito, attore protagonista,
che si vedeva 'tradito' in camerino nel momento in cui dava inizio al lungo
monologo dell'Amleto. L'operazione tentata da Kenneth Branagh va piuttosto
sotto il segno della continuità con quel filone di cinema in cui
si 'mette in scena' il mondo dello spettacolo, luogo di grandi amori, di
grandi scontri e di grandi riconciliazioni. La canzoncina che fa da leitmotiv
'in progress' della narrazione (Why Must The Show Go On? Perchè
lo spettacolo deve andare avanti?) ne costituisce la più esplicita
dichiarazione d'intenti.
Il film ha un inizio quasi rarefatto e surreale con il casting realizzato
con una fauna attoriale decisamente eterogenea. Ognuno ha delle caratteristiche
molto specifiche e delle esigenze ancor più particolari. Joe-Amleto
deve cominciare a porsi dei dilemmi 'amletici' sin dall'inizio, per poter
mettere insieme un gruppo accettabile. Il luogo in cui si va a recitare,
dopo il primo equivoco, è una chiesa (il Convento di S. Peter nei
pressi di Woking Surrey, una chiesa sconsacrata le cui celle per le monache
e le cui stanze per le riunioni si sono trasformate in un perfetto set)
in cui, in una prima fase, a Joe tocca (in certe situazioni) il ruolo del
confessore laico. Il mettere in scena un classico come spettacolo natalizio,
in una condizione economica non delle più floride è una situazione
che rasenta l'impossibile. Per questo Branagh, che si avvale di attori
che non hanno avuto la sua stessa fortuna sul piano professionale (l'attore
che interpreta Joe potrà essere riconosciuto anche nel film di Parker,
Otello) e individua tipologie caratteriali ben marcate per i suoi protagonisti.
La domanda che lo spettatore deve porsi è: come sarà possibile
mettere in scena uno spettacolo quantomeno decente? Il vecchio attore un
po' trombone, l'omosessuale con tanto di figlio 'non a carico', l'attrice
che ha nascosto alla famiglia la propria attività, la scenografa
dai capezzoli 'particolarmente sensibili' alle tensioni produttive. "Shakespeare
non era uno stupido" afferma con convinzione uno dei personaggi. Tutti
loro, infatti, verranno posti progressivamente dal testo in una condizione
di confronto con se stessi e con le proprie contraddizioni irrisolte. La
'famiglia' teatrale si troverà vicina alla dissoluzione ma riuscirà
a ritrovare la propria identità grazie anche al superamento della
tentazione di sirene hollywoodiane particolarmente seduttive. La messa
in scena fuori dagli schemi, con gli spettatori finti nel timore che quelli
reali siano assenti, si risolve in un trionfo che è, contemporaneamente,
del testo e delle 'persone' (non degli 'attori') che la fanno essere.
Se gli attori, nell'opera shakespeariana, assumono il ruolo di chi
mostra la 'verità' che Claudio vuole tenere celata qui è
l'opera che assolve il compito di rivelarli a se stessi per consentire
a ognuno di ritrovare la propria vera strada. Siamo quindi di fronte a
un omaggio al cinema, al teatro, alla commedia e, più di quanto
non sembri, alla vita. Recitato con tempi che si fanno progressivamente
sempre più stretti e con grande attenzione ad alternare sorriso
e commozione, sfiorando qualche volta la retorica senza mai sprofondarvi.