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Nel 2004, un battito di ciglia fa, in tutta l’Europa
c’erano trenta schermi digitali. Al 30 giugno 2010 se ne contano
quasi settemila: per l’esattezza, secondo il più recente
rilevamento di MEDIA Salles, i proiettori che adottano la tecnologia DLP
Cinema o SXRD sono 6.680. Erano 4.684 al 1° gennaio 2010: l’incremento
dunque è stato di circa il 43%. Detto in altre parole, nel primo
semestre del 2010, il numero medio di nuove installazioni ha sfiorato
ogni mese quota 350. E – a detta degli esercenti in difficoltà
nel reperire proiettori sul mercato - non si è superata questa
cifra solo per l’impossibilità dei fornitori di produrre
più pezzi. Non solo dunque il fenomeno che si era avviato all’inizio
del 2009 è continuato, ma si è addirittura accentuato: allora
la media mensile di installazioni era infatti stata di circa 260 unità.
I cinema dotati di almeno una sala digitale sono passati dai 2.366 dell’inizio
di gennaio 2010 ai 3.173 del giugno 2010, con un incremento del 34%, inferiore
dunque a quello degli schermi. Di conseguenza è aumentato il numero
medio di schermi digitali per complesso, arrivato a 2,1.
Il parco digitale più esteso si conferma quello francese: nell’Esagono
sono 1.262 gli schermi, grazie ad un incremento del 40%, sostanzialmente
in linea con la media continentale. Segue il Regno Unito, con 997 installazioni
e un incremento (49%) leggermente superiore alla media. Al terzo posto
ancora la Germania, con 738 proiettori digitali e un tasso di crescita
più limitato (30%). Dietro l’Italia, che arriva a quota 609
(+40%), si collocano la Russia (525 proiettori, +50%) e la Spagna che,
con una crescita del 63%, recupera terreno portandosi a 412 proiettori.
Questi numeri mostrano che i 6 mercati principali per la fruizione cinematografica
in Europa - quelli che annualmente contano almeno cento milioni di spettatori.
- pesano sull’offerta di strutture digitalizzate del Continente
per circa il 62%, replicando la situazione già verificatasi all’inizio
del 2010. Hanno peraltro aumentato la loro incidenza alcuni territori
di dimensioni minori che hanno conosciuto tassi di sviluppo decisamente
superiori alla media, come la Danimarca (+188%), la Svezia (+145%) e la
Slovacchia (+140%).
La transizione digitale è avvenuta? Sì e no, visto che,
nonostante l’indiscutibile boom iniziato nel 2009 e proseguito nel
2010, che ha portato la quota degli schermi digitali a circa il 19% del
totale, ancora quattro quinti del parco sale europeo si affida al 35mm.
Inoltre tende ad aumentare l’incidenza dei grandi circuiti: se a
metà del 2009 i primi dieci operatori europei per numero di sale
digitalizzate rappresentavano il 24% degli schermi passati alla nuova
tecnologia, dodici mesi dopo essi risultano pesare per il 36%. Sono loro
infatti ben 2.372 schermi su 6.680.
Come includere nella migrazione alla nuova tecnologia l’insieme
delle sale attive, seppur con vocazioni e scopi diversi, in ogni territorio
nazionale – da quelle prettamente commerciali a quelle con una prevalente
funzione sociale o culturale – è la grande questione a cui
sia il settore privato sia quello pubblico cercano in Europa di dare risposta.
La conferenza promossa dalla Spagna all’inizio del 2010, nel suo
semestre di presidenza europea, è stata l’occasione per presentare
e discutere iniziative e progetti in questo campo, indirizzati soprattutto
all’esercizio indipendente. Se da una parte le società che
propongono accordi con il modello VPF sostengono che almeno l’80%
delle sale possa finanziare la transizione con questa formula, dall’altra
vanno aumentando le soluzioni che prevedono interventi pubblici perlomeno
in funzione integrativa, dal credito di imposta dell’Italia ai contributi
resi disponibili – dopo gli interventi “apripista” del
Regno Unito e della Norvegia – a livello nazionale, come in Finlandia,
Francia e più recentemente nei Paesi Bassi, o sovrannazionale,
come nel caso della Commissione Europea o del Consiglio d’Europa.
Senza tralasciare le “aperture” di BEI, per facilitare l’accesso
al credito bancario, o dei Fondi Europei di Sviluppo regionale, per progetti
che vedano nella digitalizzazione delle sale il motore di forme di sviluppo
locale, come nel caso ormai di scuola della regione polacca della Malopolska.
La terza dimensione
Ciò che invece è sicuramente avvenuto è la “rivoluzione
tridimensionale”, dato che, degli schermi passati alla nuova tecnologia
di proiezione adottando il 2K o, più recentemente, il 4K, alla
fine di giugno 2010 ben il 79% risulta attrezzato anche per il 3D (rispetto
al 74% del dicembre 2009).
Dei 5.277 impianti 3D, 3.699 si trovano nei sei mercati principali. Anche
sotto questo profilo la Francia, balzata nel 2009 alla testa della transizione
digitale, fa la parte del leone con 890 unità, seguita dal Regno
Unito (741) e dalla Germania (619). Vengono quindi Italia e Russia, entrambe
sopra le 500 installazioni (rispettivamente 563 e 521), e la Spagna (365).
Sostenuta dalla disponibilità di prodotto proveniente dall’industria
cinematografica statunitense, che ha mantenuto il calendario delle uscite
annunciato alla partenza, la corsa al 3D è stata il motore della
digitalizzazione negli ultimi due anni. Chiave di volta di questo fenomeno
è stata la buona accoglienza della novità da parte degli
spettatori, disposti a pagare un biglietto più alto per questo
tipo di film e, in sostanza, a finanziare l’acquisto delle nuove
attrezzature. Così, mentre per la digitalizzazione in senso stretto,
cioè la conversione di tutti gli schermi di un complesso al digitale,
bisognerà aspettare ancora parecchio tempo e, soprattutto, reperire
le risorse necessarie a includere in questo processo anche le sale meno
redditizie, il 3D è già da ora disponibile in un elevatissimo
numero di siti, multisala e non. Fenomeno passeggero?
C’è chi, guardando a quanto avvenuto in passato, cioè
alle ricorrenti ma non durature ondate di interesse per il 3D, resta piuttosto
scettico. Al contrario, altri, considerando anche la mole dei capitali
investiti sia sul versante della produzione 3D sia su quello delle sale,
ritengono che i film tridimensionali, pur non arrivando a sostituire quelli
in 2D, diventeranno stabilmente parte della “dieta” dello
spettatore cinematografico. A pensarla così c’è per
esempio il Direttore della Mostra di Venezia, Marco Müller che, a
proposito del premio per la creatività in 3D istituito dal suo
festival, ha dichiarato: “La tecnologia 3D non può essere
etichettata come una trovata passeggera; per fortuna, il 3D è qui
per restare”.
La produzione europea si affaccia al 3D
E se fino al 2009 sulla scena del 3D a scala internazionale sono stati
i film “made in USA” a spadroneggiare – con qualche
eccezione europea come il precursore Fly me to the Moon –
il 2010 ha visto un significativo numero di titoli del Vecchio Continente
adottare la nuova tecnologia, per saggiare linguaggi e generi diversi.
E soprattutto ottenere una distribuzione internazionale. Si va così
da un documentario che esplora i fondali marini, come la coproduzione
franco-svizzera-spagnola Océans, al britannico Streetdance,
straordinario successo di pubblico, tutto incentrato sulla danza, fino
ai cartoni animati come il finlandese Moomins and the Comet Chase,
il belga Sammy’s Avonturen e il recente Winx Club:
Magica Avventura a firma italiana, senza tralasciare l’horror,
dove si colloca la coproduzione olandese Amphibious 3D. Questa
passione per il 3D è peraltro uno degli elementi che dimostrano
che il passaggio al digitale significa molto di più che la sostituzione
di un tipo di proiettore con un altro. Vero è che la sala cinematografica
e la sua proposta al pubblico si stanno trasformando. L’abbiamo
visto con il successo della visual music su grande schermo – si
tratti dell’opera o dell’ultimo concerto rock - , con gli
eventi sportivi di richiamo mondiale in diretta su tutti i continenti
e lo vediamo col 3D, che ancora una volta fa della sala il luogo privilegiato
per la fruizione di uno spettacolo irripetibile sul piccolo schermo domestico
o portatile. E lo stesso 3D è molto di più che l’aggiunta
di effetti speciali a “film normali”. Nella video intervista
rilasciata a Hans Ulrich Obrist per l’ultima Biennale di Architettura
di Venezia, Wim Wenders, a commento del suo film in 3D che porta lo spettatore
a scoprire, ma soprattutto ad “ascoltare” un edificio magico
come il Rolex Center di Losanna, diceva: “Il 3D è un linguaggio.
Nel prossimo futuro darà nuovo vigore al documentario, portandogli
corpo e volume”.
E rivolgendosi ai nuovi artisti, continuava, parlando delle straordinarie
opportunità offerte dalla tecnologia digitale e da Internet: “Oggi
le possibilità di creare sono enormi. Il mio sogno è che
nel XXI secolo gli strumenti per la comunicazione siano sempre di più
in mano alle persone piuttosto che ai poteri consolidati.” Questa
è la sfida anche per le sale e per il cinema europeo: che le nuove
tecnologie ne facciano sempre di più uno spazio per la creatività
e l’espressione della diversità culturale.
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