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1 - Note
preliminari
A differenza delle prefazioni, questa introduzione è di natura
più tecnica. Non solo nel linguaggio dell’industria cinematografica,
ma anche in pubblicazioni statistiche, spesso accade che lo stesso concetto
(ad esempio “multiplex” o “coproduzione”) sia
definito in modi diversi causando confusione e malintesi. Con l’Annuario
“European Cinema Yearbook” vorremmo portare un contributo
nella direzione dell’unificazione terminologica. Siamo consapevoli
del fatto che concetti diversi, una volta messi in relazione, risultino
più complessi di quanto non sembrino a prima vista (ad esempio,
il confronto a livello internazionale del costo medio del biglietto o
la densità di schermi). In ogni caso, per coloro che consultano
l’Annuario non solo per il mero controllo di alcune semplici voci
statistiche, un approccio più analitico diventa indispensabile.
Pertanto ci auguriamo che le “pagine gialle” dell’Annuario
“European Cinema Yearbook” siano apprezzate come contributo
ad una migliore comprensione dello sviluppo dell’industria cinematografica.
2 - I contenuti dell’Annuario
L’edizione 2010 è articolata in una serie di tavole comparative
che, comprendendo il periodo dal 1989 al 2009 incluso, offrono un’immediata
e chiara visione della situazione complessiva e delle tendenze dell’industria
cinematografica in 34 paesi dell’Europa Occidentale, Centrale, Orientale
e del Bacino del Mediterraneo. Continuando una lunga tradizione, questa
edizione è completata da una sezione dedicata specialmente ai multiplex,
che documenta la situazione fino al 1° gennaio 2010. Appare inoltre
una sezione sul cinema digitale nel mondo, aggiornata al 1° gennaio
2010 e accompagnata da un “Focus on Europe” al 30 giugno 2010.
La presente introduzione affronta una serie di problemi statistici, alcuni
dei quali controversi. Lo scopo di questo Annuario è non solo quello
di fornire dati affidabili, ma anche di chiarire concetti a proposito
dei quali occorrono frequenti errori di comprensione o interpretazioni
errate. Nella parte statistica sono comprese molte note, gran parte delle
quali indicano delle restrizioni che rendono alcune cifre meno significative,
ma più realistiche. Alcune note, però, hanno un carattere
più ampio e si riferiscono a sezioni di questa introduzione. Secondo
la consuetudine in statistica, i dati non disponibili sono indicati con
un punto (.); le cifre corrispondenti esattamente a zero con una lineetta
(-), mentre quelle che tendono a zero con 0 oppure 0,0 oppure 0,00. Questa
introduzione è seguita da un elenco delle definizioni operative
dei termini utilizzati nell’Annuario.
3 - Utilizzo delle fonti
Per evitare imprecisioni, raccogliamo i dati il più vicino possibile
alle fonti primarie, a cominciare dalle associazioni nazionali e internazionali
dell’industria cinematografica europea. Visto che in molti casi
esse aderiscono a MEDIA Salles, la collaborazione risulta facilitata.
MEDIA Salles è anche in contatto con altri organismi nazionali
ed internazionali. Nei casi in cui lo stesso tipo di dati sia fornito
da più di un’organizzazione, una delle quali è un’associazione
nazionale degli esercenti o dei distributori, consideriamo una di queste
due come la fonte più attendibile per i dati riguardanti il consumo
di cinema in sala, a meno che elementi da loro forniti siano palesemente
discutibili. In questo modo, essendo cioè elaborato in collaborazione
con l’industria cinematografica, l’Annuario risulta essere
una sorta di pubblicazione collettiva delle varie associazioni. Ciò
consente di raccogliere informazioni che altrimenti non sarebbe possibile
ottenere. Tuttavia, dal momento che alcune associazioni e istituzioni
non dispongono di tutti i tipi di dati necessari e che alcuni paesi sembrano
dare più importanza di altri alle informazioni statistiche, in
certi casi ci siamo visti costretti ad includere dati forniti da altre
agenzie o tratti da pubblicazioni, che devono essere considerate fonti
secondarie, se non addirittura terziarie. Al contrario, le aziende che
ci forniscono dati sull’equipaggiamento tecnico o le entrate per
la pubblicità rappresentano le fonti primarie per i loro rispettivi
settori. La conseguenza di questo modo di vedere le cose è che
in tale quadro un’agenzia governativa di statistica non deve essere
considerata fonte primaria per il solo fatto di essere governativa, ma
unicamente se ha la responsabilità diretta del contenuto dell’informazione
(come nel caso del CNC in Francia e della FFA in Germania). Notiamo inoltre
che in alcune pubblicazioni l’utilizzo delle fonti non è
sempre chiaro come dovrebbe e suscita domande su come i dati citati siano
stati ottenuti. In linea di principio non riteniamo corretto indicare
se stessi come fonte senza fare riferimento al modo in cui i dati sono
stati ottenuti (se in base a calcoli, stime o valutazione soggettiva).
Anche la pratica di indicare che i dati non sono disponibili, quando ciò
in effetti non è vero, non ci vede d’accordo. Questo modo
di fare, riscontrato in alcune pubblicazioni statistiche, mette ingiustamente
in cattiva luce non solo queste pubblicazioni, ma anche le rispettive
fonti primarie (come ad esempio le associazioni degli esercenti). Abbiamo
peraltro utilizzato fonti secondarie in tutti i casi in cui le fonti primarie
non disponevano di informazioni sufficienti, lasciando al lettore il compito
di stabilire l’affidabilità dei dati in questione. I dati
approssimati sono preceduti dal prefisso c. e sono scritti in corsivo.
Infine comunichiamo che, mentre fino al 2001 abbiamo usato come fonti
per la Germania sia FFA sia SPIO, con il consenso di quest’ultima
adesso usiamo soprattutto FFA. Per quanto riguarda la Svizzera, fino al
2003 ci siamo avvalsi dei dati di Procinema, mentre dal 2004 usiamo come
fonte l’Ufficio Federale di Statistica (OFS), che fornisce informazioni
anche sul Liechtenstein.
4 – Valute
Nelle tavole comparative, i dati relativi ai valori monetari sono espressi
in ECU fino al 1998 compreso, in Euro dal 1999. I tassi utilizzati per
il cambio dell’ECU/Euro si riferiscono alla fine dell’anno
in questione (si veda la tavola delle valute). Le cifre per le quali sono
state utilizzate fonti secondarie in dollari USA non sono indicate in
queste tavole, dal momento che, non essendo noti i tassi di cambio del
dollaro USA utilizzati per questi calcoli, non possono essere convertite
nell’esatto equivalente in ECU/Euro. L’uso dell’ECU
(e dal 1999 dell’Euro) per le tavole comparative ci sembra ovvio,
dal momento che l’Annuario raccoglie dati sull’Europa. Inoltre,
l’uso del dollaro USA per le tavole comparative, riscontrato in
altre pubblicazioni, è meno appropriato per il confronto di dati
concernenti anni successivi, dal momento che il tasso di cambio del dollaro
ha avuto più fluttuazioni di quello dell’ECU.
5 - Cinema d’essai
Forniamo tradizionalmente dati sui cinema d’essai per ogni paese.
Il termine “cinema d’essai” resta comunque difficile
da definire. Dal momento che la CICAE (Confederazione Internazionale dei
Cinema d’Essai in Europa) non ha membri in tutti i paesi, non si
può prendere come riferimento l’appartenenza a questa associazione.
Abbiamo quindi deciso di includere in questa categoria le sale cinematografiche
che vengono definite “cinema d’essai” dalle associazioni
a cui appartengono. Un altro problema in questo settore è dovuto
al fatto che alcune sale d’essai non hanno fini di lucro e svolgono
la loro attività con fondi pubblici, mentre altre sale, pur svolgendo
attività commerciale, ricevono talvolta dei contributi pubblici.
Salvo diverse indicazioni, abbiamo preso in considerazione soltanto le
“sale d’essai” con impostazione commerciale, vale a
dire quelle gestite da imprese, siano esse parzialmente sovvenzionate
o meno.
6 - Quote di mercato
dei film europei
Un’attenzione particolare è stata riservata alle cifre riguardanti
le quote di mercato dei film nazionali ed europei non nazionali. Bisogna
tenere presente che le quote di mercato dei film nazionali e di quelli
europei non nazionali dipendono anche dal successo dei film statunitensi.
Se si tiene conto di questo, i risultati ottenuti in valori assoluti dai
film europei nei paesi europei risultano essere più stabili rispetto
a quanto sembrerebbe emergere dalle corrispondenti quote di mercato1.
Occorre sottolineare come, sebbene nella maggioranza dei casi non sia
difficile stabilire se un film sia da ritenersi europeo, decidere in quali
paesi una coproduzione debba essere considerata come nazionale è
spesso frutto di una valutazione arbitraria. Un elemento di complicazione
sta nel fatto che, nelle statistiche sui film, le quote di mercato delle
produzioni nazionali, sono calcolate con l’inclusione delle coproduzioni.
Questo va bene per il paese da cui proviene il maggior contributo alla
produzione e quando il film ne rifletta in parte la cultura. Tuttavia
in un certo numero di casi un film è indicato come coproduzione
anche in paesi da cui proviene un contributo solo marginale o privo di
contenuti culturali (cioè solo finanziario). In tal caso il film
viene comunque percepito come straniero dal pubblico. Questo significa
anche che in questi casi i biglietti venduti da una coproduzione sono
aggiunti a quelli dei film nazionali in più di un paese. Da ciò
deriva che le quote di mercato dei film nazionali siano gonfiate, mentre
quelle dei film europei non nazionali (che ricevono molta attenzione politica)
appaiano inferiori alla realtà. Dal momento che il numero di coproduzioni
è in aumento, c’è una differenza crescente tra la
rilevazione statistica delle quote di mercato dei film europei non nazionali
e ciò che verrebbe rilevato qualora fosse usata la corretta definizione
di coproduzione. Per questo motivo, è auspicabile che la Commissione
Europea fornisca almeno un’indicazione su tale materia2. Una corretta
rilevazione delle quote di mercato dei film europei trova un altro ostacolo
nella prassi che considera film europei anche tutte le coproduzioni di
uno o più produttori europei con un produttore statunitense mentre,
in realtà, parte di questi film hanno un carattere puramente americano.
7 - Prezzi dei biglietti
Il prezzo medio del biglietto, convertito in Euro, varia considerevolmente
di paese in paese. Peraltro le differenze diventano decisamente minori
quando i prezzi vengano ponderati a parità di potere d’acquisto.
Lo scostamento cambia di nuovo se, utilizzando un diverso sistema di confronto
dei prezzi “reali” del biglietto, si riportano i prezzi al
PIL pro capite. Questi calcoli dimostrano che il significato delle differenze
tra prezzi medi del biglietto è strettamente legato al modo in
cui si comparano i prezzi. Un’altra tavola comparativa riguarda
la spesa annuale pro capite per l’acquisto di biglietti cinematografici.
I prezzi dei biglietti pubblicati nelle rispettive tabelle comparative
sono prezzi medi. Ciò è inevitabile: il prezzo del biglietto
può essere determinato solo dividendo l’incasso lordo per
il numero di presenze. Questi prezzi sono, ovviamente, influenzati dalle
offerte promozionali disponibili in un dato paese. La conseguenza dunque
è che questi prezzi medi non riflettono ciò che pensano
coloro che vanno al cinema. Una recente ricerca nei Paesi Bassi ha mostrato
che il pubblico ritiene che il prezzo del biglietto sia di circa il 21,5%
più alto dell’effettivo prezzo medio, il che non è
irrazionale perché il prezzo medio non è il prezzo che si
deve pagare alla cassa per vedere un certo film3.
8 - Densità degli
schermi
La densità degli schermi veniva generalmente espressa come numero
di abitanti per schermo (che risulta essere il suo contrario). Come è
stato giustamente rilevato nel numero di Screen Digest del settembre 1994
(p. 202), “la relazione tra densità degli schermi e vendite
di biglietti è particolarmente indicativa in un momento in cui
operatori di multiplex stanno mettendo in atto piani d’espansione
in molte parti del mondo”. A prima vista sembrerebbe esistere un
legame diretto tra densità degli schermi e numero di biglietti
venduti pro capite, “ma condurre un’analisi così semplicistica
significherebbe ignorare alcuni fattori sociali ed economici di grande
importanza” (ibid., p. 203). Uno di questi fattori è indubbiamente
la densità della popolazione: in un’area densamente popolata
(specialmente se la distribuzione è uniforme), gli spettatori possono
scegliere tra un buon numero di schermi cinematografici entro una breve
distanza. Invece, in paesi (o regioni) con una bassa densità di
popolazione, la densità degli schermi potrebbe risultare alta se
si prendesse il numero degli abitanti per schermo come termine di riferimento.
Si noti il caso della Svezia, per esempio, o della Norvegia. Tra la densità
della popolazione e quella degli schermi è stata evidenziata una
stretta correlazione (0,82 nel 1991 e 0,84 nel 1995)4. Da questa considerazione
si può dedurre l’ipotesi seguente: “maggiore è
la densità della popolazione, minore può essere la densità
degli schermi per ottenere, a parità di altre circostanze, un certo
numero di presenze pro capite”. Gli effetti legati alla distribuzione
della popolazione sul territorio sono stati studiati più dettagliatamente
in “Cinemagoing Europe” (Dodona Research, 1994). Molto significativi
sono i dati della Norvegia: tra i paesi dell’Europa Occidentale
con la più elevata densità di schermi la Norvegia si colloca
al terzo posto, ma Oslo ha un numero di abitanti per schermo superiore
alla media nazionale di tutti i paesi europei ad eccezione di quattro
(p. 17-18). Tuttavia, poiché anche molti addetti ai lavori valutano
spesso in maniera superficiale le relazioni tra numero di abitanti per
schermo e presenze procapite, il che può avere serie conseguenze
per tutto il settore, è stato introdotto, a partire dalla terza
edizione dell’Annuario, anche un altro metodo di misurazione della
densità degli schermi, e precisamente il numero di schermi per
chilometro quadrato. Per quanto riguarda il numero di schermi per paese,
Dodona Research 1994 mette in evidenza il problema della mancanza di dati
su schermi a tempo pieno e schermi ad apertura stagionale o parziale (p.
17). Naturalmente, non solo è doveroso escludere i cinema chiusi,
ma è anche opportuno evitare di conteggiare i cinema con un numero
di spettacoli molto ridotto. Anche i cinema a tempo pieno, comunque, costituiscono
un gruppo piuttosto eterogeneo quanto a numero di proiezioni. Per esempio,
uno schermo con un solo spettacolo il giorno per tutti i giorni dell’anno
è più simile ad un cosiddetto schermo ad apertura parziale,
con tre spettacoli il giorno per sei mesi, che a uno schermo con programmazione
continua per tutta la giornata. Perciò, una mera suddivisione tra
schermi a tempo pieno da un lato e schermi ad apertura parziale dall’altro
non implicherebbe un miglioramento dal punto di vista statistico. Inoltre
è molto difficile ottenere dati affidabili sul numero totale di
spettacoli effettuati in ogni paese durante l’anno; tuttavia a partire
dall’edizione 1997 abbiamo pubblicato questo tipo di informazione
ove possibile.
9 - Multiplex/Megaplex
Fino ad ora non è ancora stata formulata una definizione di “multiplex”
che sia adottata in tutti i paesi. Questo fatto è deplorevole in
quanto i termini “complesso”, “multischermo”,
“multiplex” e “megaplex” o “megacinema”
sono spesso usati in modo intercambiabile, cosa che provoca incomprensioni
fra i giornalisti ed anche fra il pubblico. Un termine speciale ha senso
solo se usato per indicare una distinzione significativa. Basandosi su
ricerche di tipo econometrico commissionate da MEDIA Salles, London Economics
è giunto alla conclusione che “l’effetto multiplex
si realizza pienamente solo per sale a 8 o più schermi, non con
6 o 7” (“Cinema Exhibition in Europe, White Book of the European
Exhibition Industry”, MEDIA Salles 1994, seconda edizione, Vol.
2, p. 48). Un simile punto di vista è riscontrabile in Dodona Research
1994 (“Cinemagoing Europe”, p. 3). I criteri da aggiungere
per la definizione di “multiplex” o di “megaplex”
possono essere più o meno arbitrari. Con l’obiettivo di stimolare
una maggiore uniformità nell’uso dei termini, nell’Assemblea
Generale dell’Union Internationale des Cinémas (UNIC) tenutasi
nel maggio 1998, è stato deciso unanimemente che, in base alla
ricerca sopraccitata, per essere chiamato multiplex un complesso debba
avere almeno 8 schermi e per essere definito megaplex un numero doppio,
ossia 16 (o più) schermi. L’Assemblea Generale dell’UNIC
era ovviamente consapevole del fatto che molti altri criteri hanno un’importanza
notevole, per esempio la presenza di parcheggio, i posti “a stadio”,
l’aria condizionata, i grandi schermi e foyers spaziosi ecc. (cfr.
J. Ph. Wolff, “Of multiplexes and multiscreens”, UNIC, Parigi,
dic. 1993 – anche in francese). Da un punto di vista statistico,
comunque, criteri qualitativi, come quelli citati, sono di difficile gestione.
Non esistendo molti complessi con 8 o più schermi che non possano
essere chiamati multiplex in quanto non soddisfacenti questi criteri qualitativi,
la categoria 8 o più schermi risulta piuttosto omogenea, il che
costituisce un vantaggio pratico. Peraltro, una conseguenza negativa di
questa definizione operativa sta nel fatto che un cinema con meno di 8
schermi diventi statisticamente un multiplex quando uno o più schermi
vengano aggiunti a quelli esistenti fino a un totale di 8 o più
schermi. La ragione dell’adozione di un termine specifico per i
multiplex con un elevato numero di schermi è dovuta al fatto che
essi sembrano avere un bacino di utenza più esteso rispetto a quello
dei multiplex più piccoli. La soglia a 16 schermi non si basa sul
risultato di una ricerca scientifica, ma è più o meno arbitraria
e potrebbe anche essere 15 o 17. Nel frattempo il criterio degli otto
o più schermi è stato adottato nella maggior parte dei paesi
europei. In Francia è (insieme con il requisito di almeno mille
posti) adottato ufficialmente dal Centre National de la Cinématographie
(CNC). Questa definizione è utilizzata anche dal Consiglio Sociale
e Culturale del Governo Olandese (maggio 2005). Nel Regno Unito, invece,
il termine “multiplex” è usato principalmente per i
cinema di recente costruzione con 5 o 6 schermi. Questa è una prassi
criticabile, non solo perché in questo modo un’unità
nell’uso del termine non potrà mai essere raggiunta almeno
nei paesi dell’Europa Occidentale, ma anche perché il criterio
di 5 o 6 schermi pone una differenza arbitraria, senza riferimento a una
caratteristica distintiva. Inoltre, criteri come “progettazione
specifica” o “recente costruzione” non dovrebbero essere
usati perché dovrebbero contare solo i risultati di una conversione
o di un allargamento di un cinema. (Per usi impropri del termine “multiplex”,
si veda anche il saggio “Multiscreen, multiplex, megaplex?”
che introduce la sezione “Multiplex in Europa”). Per rendere
l’idea generale del grado di penetrazione dei multiplex sui vari
mercati cinematogafici, il gruppo di lavoro di MEDIA Salles ha introdotto
il concetto di grado di penetrazione dei multiplex, intendendo con ciò
il numero di schermi situati nei multiplex, espresso come percentuale
del numero totale degli schermi. Questi risultati sono indicati nella
tabella intitolata “Densità di schermi nei multiplex”.
Tale modo di procedere offre peraltro un’idea approssimativa della
situazione, visto che il grado di penetrazione così definito dipende
anche dal cambiamento del numero degli schermi non situati nei multiplex.
Un nuovo elemento nelle tabelle comparative (“I multiplex in Europa”)
è dato dal rapporto tra il numero medio di presenze per schermo
nei multiplex e il numero medio di presenze per schermo negli altri cinema.
Il risultato può essere considerato un indicatore dell’efficacia
relativa degli schermi nei multiplex in un paese. Un vantaggio di questo
indicatore è che esso non dipende dai valori assoluti dei numeratori
e dei denominatori, ma solo dalla relazione fra le due cifre, rendendo
possibile confrontare in questo ambito mercati diversi (ad esempio, nel
2002 il numero medio delle presenze per schermo nei multiplex della Spagna
era molto più basso di quello dei Paesi Bassi ma, vista la maggiore
differenza col numero medio della presenze per schermo negli altri cinema,
l’efficacia relativa era più elevata in Spagna). Occorre
tenere presente che questo indicatore è relativamente meno significativo
quando la crescita di schermi nei multiplex aperti nel corso dell’anno,
specialmente negli ultimi mesi dell’anno, sia stata sostanziale
(ciò si è verificato, per esempio, nei Paesi Bassi nel 2000
e nel 2002). Inoltre, calcolare questo indicatore non è particolarmente
significativo quando il grado di penetrazione dei multiplex raggiunga
valori molto alti, come > 65%, perché gli altri cinema non rivestono
più un ruolo significativo sul mercato (ad esempio, nei casi in
cui siano rimasti, al di fuori dei multiplex, pochi schermi con programmazione
spiccatamente commerciale nelle grandi città).
Dr Joachim Ph. Wolff
1. J. Ph. Wolff, “The exhibition of European films
revisited” (saggio presentato in occasione del seminario organizzato
da MEDIA Salles a Cinema Expo International ad Amsterdam, giugno 1999).
2. Questa raccomandazione è stata fatta anche da André Lange
(Eur. Audiovisual Observatory, Strasburgo). Si veda anche: E. J. Borsboom
e J. Ph. Wolff (eds.), “Proceedings of the Seminar on Film Statistics
on 26 June 2002 in Amsterdam” (Research Foundation of the Neth.
Cin. Fed., luglio 2002). Si veda anche: J. Ph. Wolff, “Non domestic
European Films on the West European markets” (European Cinema Journal,
maggio 2002).
3. Fonte: R. van Eldik, "De prijs en de consument" [Il prezzo
e il consumatore], Utrecht University, luglio 2009.
4. J. Ph. Wolff, “Production is Key in the Film Industry”
Lelystad, 1998, p. 300 (il calcolo precedente dell’Autore per il
1991 è citato da London Economics in “Cinema Exhibition in
Europe. White Book of the European Ehibition Industry”, MEDIA Salles,
vol. 2, p. 15).
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