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L’esercizio cinematografico nel 1997: risultati e tendenze
Cinema exhibition in 1997: results and trends
L’exploitation cinématographique en 1997: résultats et tendances

 
L’esercizio cinematografico nel 1997: risultati e tendenze
  
Nel 1997 l’Europa Occidentale ha guadagnato spettatori.
Si è confermata così la tendenza verso quel generale incremento delle presenze nelle sale che, a parte il “colpo di singhiozzo” del 1995, ha caratterizzato gli anni ‘90.
L’ammodernamento delle strutture e la disponibilità di film di produzione nazionale di successo continuano ad essere elementi importantissimi per richiamare il pubblico nei cinema. Ad eccezione della Norvegia e della Svezia, i paesi, grandi e piccoli, dell’Europa Occidentale, hanno visto consolidarsi o migliorare il numero degli spettatori. 
Nei cinque più importanti mercati, cioè quelli che hanno venduto almeno 100 milioni di biglietti, si sono registrati aumenti, rispetto al 1996, variabili tra lo 0,75% della Spagna e il 12,5% della Gran Bretagna.
Questo paese è passato infatti da 123,5 milioni di spettatori nel 1996 alla cifra record di 138,9 milioni. Per trovare un numero di presenze così elevato bisogna risalire fino al 1974. 
Da allora era iniziato un fenomeno di disaffezione verso le sale che aveva fatto crollare la frequenza pro capite a circa 0,96 nel 1984. Nel ‘97 invece ogni cittadino della Gran Bretagna ha comperato in media 2,4 biglietti.
Se si tiene conto che la media europea si è attestata, nel 1997, intorno a 2 (era 1,9 nel 1996), la frequenza registrata in Gran Bretagna risulta essere ormai stabilmente collocata tra le migliori del Vecchio Continente.
Il fatto che i sudditi della Corona abbiano ripreso il gusto di andare al cinema non è più una novità. Stupisce invece apprendere che nel 1997 i film britannici (incluse le coproduzioni) abbiano guadagnato in patria circa il 26% del mercato.
La gran parte di questo successo si deve a Full Monty che nel 1997 ha realizzato da solo oltre l’8% degli incassi della Gran Bretagna. Il film, che ha totalizzato sinora, a livello mondiale, un incasso di oltre 200 milioni di dollari, generato per l’83% dal mercato europeo, ha venduto nella propria patria più biglietti di qualunque altra produzione britannica di tutti i tempi. E, nella classifica generale, risulta secondo solo a Titanic.
Anche in Germania si è realizzato un livello di presenze da record, rispetto all’anno precedente: 143,1 milioni che, confrontati col 1996 (132,9), rappresentano un incremento del 7,7%. Se ascrivere questo successo all’inaugurazione di 25 nuovi multiplex (in poco più di un anno tanti quanti ne erano stati aperti nel periodo 1990 – 1996) può essere prematuro, è indiscusso il ruolo propulsivo giocato dalla produzione nazionale, che ha guadagnato il 16,7% del mercato e che ha collocato tre titoli tra i primi dieci film più visti. In questa classifica Knockin’ on Heaven’s door, Rossini e Kleines Arschloch, piazzati rispettivamente al quarto, quinto e ottavo posto, hanno totalizzato poco meno di dieci milioni di biglietti, conquistandosi il 7% circa del mercato. 
Un incremento delle presenze analogo a quello della Germania si è verificato in Francia, che si è confermata il maggior mercato cinematografico europeo, registrando 148,9 milioni di spettatori, con un incremento dell’8,9% rispetto al 1996.
Il cinema nazionale ha guadagnato il 34% circa delle presenze. Non solo è francese il film più visto dell’anno “Il quinto elemento”, ma nella “top ten” anche il terzo, il sesto e il nono posto sono stati occupati da produzioni nazionali (La vérité si je mens, Le pari, Didier).
Il buon risultato dei film francesi ed il successo di film europei come Bean e Full Monty spiegano il relativo contenimento della quota di mercato dei film americani che si sono attestati a circa il 52,5%.
Anche per l’Italia il 1997 resterà da ricordare: gli spettatori sono tornati a superare la quota dei 100 milioni, una soglia che non era più stata varcata dal 1987. I 102,8 milioni significano un incremento del 6,6% rispetto al 1996 e diminuiscono la distanza dalla Spagna, quarto mercato cinematografico d’Europa. 
Questo nel 1997 ha conosciuto un incremento modesto. Bisogna peraltro ricordare che la Spagna era rimasta immune del calo generalizzato delle presenze che nel 1995 aveva investito quasi tutti i paesi europei: può così vantare un aumento della frequenza cinematografica che dal 1988 non ha conosciuto soste e che l’ha portata a guadagnare 35 milioni di spettatori in dieci anni.
Passando dai grandi mercati al più piccolo dell’Unione, cioè al Lussemburgo, non può non colpire l’incremento vertiginoso dei biglietti venduti, superiore al 57%.
Questo balzo delle presenze è legato all’apertura di un nuovo complesso di dieci schermi, costruito a Kirchberg, ai margini della Capitale.
Gestito da Utopia, la più importante società di esercizio del paese (già nel 1996 totalizzava oltre il 75% degli incassi), Utopolis vede una partecipazione di minoranza del gruppo belga Bert-Claeys. Con questo multiplex il numero degli schermi del Granducato è passato da 17 a 26.
Più “normali” sono invece gli incrementi delle presenze in tutti gli altri paesi europei che variano tra il 2,3% della Svizzera al 12,8% dei Paesi Bassi. In questo scenario le sole eccezioni sono rappresentate dall’Irlanda, che resta sostanzialmente stabile (+0,10%), dalla Svezia (-1,2%) e dalla Norvegia.
In controtendenza rispetto a (quasi) tutto il resto dell’Europa, questo paese ha sofferto di un calo di presenze nelle sale del 4,7% rispetto al 1996. Nonostante i successi ottenuti a festival di rilevanza, i film norvegesi, tra cui spiccano Junk mail e Insomnia, non hanno raccolto dal pubblico delle sale il successo sperato.
Il 1997 è stato l’anno che ha visto l’apertura del primo multiplex costruito da un’impresa privata, al di fuori del sistema dei cinema municipali che rappresentano in Norvegia più del 90% del mercato.
Gli otto schermi del complesso inaugurato a Sandvika, a quindici chilometri da Oslo, nel dicembre del 1997, hanno ottenuto un successo tale da preoccupare il principale esercente di sale municipali della Capitale, Oslo Kinematografer che, con circa tre milioni di biglietti venduti ogni anno, rappresenta oltre un quarto del mercato nazionale.
La Norvegia punta sul 1998, ed in particolare sull’effetto Titanic, per recuperare il calo del 1997 e per confermarsi comunque come uno dei paesi dove la frequenza cinematografica è decisamente superiore alla media europea.
Mentre la situazione dei paesi dell’Europa Occidentale risulta piuttosto omogenea e si può parlare di una generale tendenza all’aumento di spettatori, quella delle nazioni dell’Europa Centrale ed Orientale è assai più variegata.
Ovunque in quell’area i primi anni ‘90 sono stati caratterizzati dal crollo generalizzato della frequenza cinematografica – allora peraltro decisamente superiore alla media dell’Europa Occidentale – e da un brusco sconvolgimento della struttura del settore audiovisivo.
Alla fine del decennio convivono invece situazioni che mostrano i segni della ripresa ed altre che registrano il perdurare della crisi. Tra queste si colloca la Romania che tra il ‘96 e il ‘97 ha perso un quarto degli spettatori. La frequenza media in uno dei paesi più popolosi dell’area (22,6 milioni di abitanti) è passata ad un impressionante 0,4 che contrasta drammaticamente con l’8,8 del 1989.
Negativa anche la tendenza della Bulgaria che, se nel 1997 ha subito un calo degli spettatori piuttosto limitato (0,5%) rispetto al ‘96, nel giro di 5 anni ha visto ridursi ad un decimo la quantità di biglietti venduti (da 20 milioni a 2).
Su questo drastico ridimensionamento del consumo cinematografico pesa ovviamente la crisi che investe il Paese, di cui il tasso di inflazione (stimato intorno al 
1 000%) è uno degli indicatori più eloquenti. Per cogliere uno tra gli effetti prodotti sul settore cinematografico, basti pensare che il prezzo medio del biglietto, in valuta locale, è passato, tra il ‘96 e il ‘97, da 114 Lev a 1 429 Lev.
Spettatori in diminuzione anche nella Repubblica Slovacca, che chiude il 1997 perdendo, rispetto al ‘96, 800 000 spettatori (16,7%), ed in Slovenia. Questo paese è peraltro il solo dell’area, insieme con l’Ungheria, a mantenere una frequenza media superiore ad uno (1,3).
Segnali più incoraggianti provengono invece dall’Ungheria, dalla Repubblica Ceca e dalla Polonia. In questi mercati il crollo delle presenze sembra ormai arrestatosi.
Il settore dell’esercizio pare ormai orientato ad assumere caratteristiche nuove per questi paesi, ma simili a quelle dei mercati occidentali: i prezzi dei biglietti decisamente più alti, frequenze medie assai lontane da quelle degli anni ‘80, ma in linea per esempio con quelle dei Paesi Bassi, rinnovo del parco sale dopo la chiusura di un elevatissimo numero di cinema, posizione dominante delle produzioni d’Oltreoceano.
In questo processo, soprattutto per quanto riguarda la modernizzazione delle strutture, l’Ungheria, che ha visto i suoi spettatori crescere del 21,4% nel ‘97, è il mercato più dinamico.
A Budapest negli ultimi anni sono stati aperti complessi all’avanguardia, costruiti ex novo, come l’Hollywood Multiplex (9 schermi) e il Cineplex Odeon (6 schermi), o frutto della trasformazione di grandi cinema di tradizione, come il Corvin (6 schermi) nel centro cittadino.
Ma anche la Polonia, che nel ‘97 guadagna oltre due milioni di spettatori (+10,7% rispetto al ‘96) e la Repubblica Ceca, che registra un incremento percentualmente analogo (+10,9%), figurano tra i mercati più promettenti per l’apertura di multiplex, come dimostrano le prime realizzazioni e il fiorire di progetti soprattutto da parte di grandi gruppi attivi a livello internazionale, come UCI, che a Poznan ha inaugurato il Multikino, primo multiplex polacco (8 schermi), o Ster-Kinekor.
 
Elisabetta Brunella,
Segretario Generale di MEDIA Salles



 
Cinema exhibition in 1997: results and trends
   
Audiences are on the increase in Western Europe in 1997.
The rising trend in admissions to cinemas - a characteristic of the 1990s (except for a slight hiccup in 1995) - has thus been confirmed.
Modernisation of theatres and the availability of successful domestic product continue to be key success factors in attracting audiences. With the exception of Norway and Sweden, all Western European nations, both large and small, saw their admissions figures either consolidate or actually improve during the year.
In the five major markets which sold 100 million plus admission tickets, there were increases over 1996 levels ranging from 0,75% in Spain to 12,5% in the United Kingdom. The UK saw a dramatic rise from 123,5 million viewers in 1996 to a record 138,9 million, the highest number of admissions since 1974. 
That previous 1970s peak was a preface to a serious decline in attendance at theatres which saw annual per capita cinema-going fall to only 0,96 in 1984. By 1997, however, every UK citizen was again buying an average of 2,4 tickets per year.
Taking into account the fact that the European average for 1997 should work out at around 2 (1,9% in 1996), the UK can now be said to have established itself as one of the healthiest European markets in terms of frequency of cinema-going. The renewed enthusiasm for the cinema in Britain is no longer a novelty; what is surprising, however, is the fact that homegrown productions (including co-productions) managed to garner some 26% of the domestic market in 1997.
A great part of this success was due to The Full Monty, which alone accounted for over 8% of UK box office in 1997. Monty has so far grossed more than 200 million dollars worldwide, of which 83% has come from European sales, and the film already ranks as the biggest British-made earner of all time at the UK box-office, beaten only by Titanic in the overall rankings.
Germany also witnessed record levels of admissions: 143,1 million viewers, an increase of 7,7% as compared to the previous year’s figure of 132,9 million. It may be premature to write the boom down to the 25 new multiplexes which entered service – although this represents as many in little more than one year as opened during the whole period 1990-1996 – but one thing which is clear is the kickstart given by domestic productions, which took 16,7% of the market and had three titles in the top ten box-office performers. Among the country’s top-grossing movies, Knockin’ on Heaven’s door, Rossini and Kleines Arschloch ranked fourth, fifth and eighth respectively, totalling just short of ten million admissions
and accounting for around 7% of the overall market. 
A boom in admissions on something like the German scale also occurred in France, which confirmed its role as Europe’s leading cinema market. The total of 148,9 million viewers represented an 8,9% increase over 1996.
French productions garnered some 34% of admissions on the home market. Pride of place in the top ten earners’ rankings went to a French film, The Fifth Element, and domestic titles also took the third, sixth and ninth places (with La vérité si je mens, Le pari and Didier). The fine performance of homegrown movies and the success of other European titles such as Bean and The Full Monty were the factors behind the relatively low-key dominance of U.S. product, restricted to approximately 52,5% of total sales.
For Italy, too, 1997 was a vintage year: total admissions climbed above the 100 million mark, for the first time since 1987. The final total of 102,8 million represented an increase of 6,6% compared to 1996 and meant that Italy narrowed the gap with Europe’s fourth biggest cinema market, Spain.
This latter saw only a modest improvement in 1997. The pattern must however be seen in the light of the fact that the Spanish market was one of the few to come unscathed through the Europe-wide fall in admissions in 1995; in fact, Spain can boast an uninterrupted positive trend in cinema-going since 1988, bringing an additional 35 million viewers over ten years.
Turning to the smallest market in the European Union, we see Luxembourg, with a staggering increase in admissions of just over 57%.
This remarkable jump is explained by the opening of a new ten-screen complex at Kirchberg, just outside the capital city of Luxembourg itself. The Utopolis Center is managed by Utopia, the biggest player on the domestic exhibition scene – already in 1996 it accounted for more than three quarters of total admissions – though the Belgian group Bert-Claeys also has a minority holding. The opening of the Utopolis has raised the total number of screens in the Grand Duchy from 17 to 26.
Rises in admissions in other European countries were contained within more “regular” margins, varying from 2,3% in Switzerland to 12,8% in the Netherlands. The sole exceptions to the overall picture were Ireland, with a virtually static situation (+0,10%), Sweden (-1,2%) and Norway.
In contrast to almost all the rest of Europe, Norway saw admissions to its theatres fall by 4,7% compared to 1996. Despite the successes scored at major film festivals with such titles as Junk Mail and Insomnia, Norwegian movies did not gain the hoped-for level of domestic interest.
1997 also saw the opening of the first multiplex to be built by a private concern, outside the municipally-owned circuit which accounts for more than 90% of the Norwegian market.
The eight screens of the complex inaugurated in December 1997 at Sandvika, fifteen kilometres from Oslo, instantly created a pole of attraction so successful as to alarm the established rival Oslo Kinematografer, the principal exhibitor of municipal theatres in the capital with some three million admissions a year, over a quarter of the entire domestic market.
Norway is counting on 1998, and on the Titanic effect in particular, to make up for the ground lost in 1997 and confirm its status as a country with a level of cinema-going conspicuously above the European average.
Whilst the situation of Western European countries proves to be fairly homogeneous and we can speak of a general tendency towards increased audiences, that of Central and Eastern European countries varies to a much greater degree.
Throughout the area, the early nineties were characterised by a sharp, overall drop in cinema-going –  then decidedly above the average of Western Europe – and by a sudden upheaval in the structure of the audiovisual sector.
At the end of the decade, we see, side by side, the  existence of situations that show signs of recovery and others where the crisis is lasting.  Amongst the latter is Romania, which lost a quarter of its audiences between ‘96 and ’97. The average admissions rate in one of the most densely populated countries in the area (22,6 million inhabitants) has dropped to a disastrous 0,4, which contrasts dramatically with the 8,8 of 1989.
The same downhill trend can be seen in Bulgaria, which saw in 1997 only a slight drop in audiences against the ‘96 figures, but has also seen the number of admissions fall to one tenth (from 20 million to 2 million) over a five-year period.
This dramatic fall in cinema-going has obviously been determined to a great extent by the crisis that the country is undergoing, where the rate of inflation (estimated at around 1 000%) is one of the most eloquent indicators. To mention only one of the effects on the cinema industry, it is sufficient to note that the average price of a ticket, in terms of local currency, rose from 114 Lev in 1996 to 1 429 Lev in 1997.
Audiences are also diminishing in the Slovak Republic, which closes 1997 with a loss of 800 000 admissions (16,7%) as against ‘96, and in Slovenia. 
Moreover the latter is the only country in the area, together with Hungary, where the average admissions rate has stayed above one (1,3).
There are more encouraging signs from Hungary, the Czech Republic and Poland. On these markets the drop in admissions seems to have come to a halt.  The exhibiting sector now appears to be taking on new characteristics for these countries, but which are similar to those of the western markets: the ticket prices are decidedly higher and the average annual frequency a long way from the 1980 figures but aligned with those of the Netherlands, for example; the country’s movie theatres have been renewed following closure of a considerable number of cinemas; overseas productions occupy a dominant position.
In this process, particularly as far as the modernisation of facilities is concerned, Hungary, which saw a 21,4% rise in audiences in ‘97, is the most dynamic market.
Modern, avant-garde complexes have been opened up in Budapest over the past few years, such as the Hollywood Multiplex (9 screens) and the Cineplex Odeon (6 screens), or great, historical cinemas have been transformed, such as the Corvin (6 screens) in the city centre. 
Poland, with an increase in admissions of over two million (+10,7% compared to ‘96), and the Czech Republic, which has recorded a percentage increase that is almost equal to this (+10,9%), emerge amongst the most promising markets for the opening of multiplex, as is demonstrated by the first few openings and the abundance of projects, especially those of the large groups active at an international level, such as UCI, which has inaugurated the Multikino (8 screens), the first Polish multiplex, or the Ster Kinekor.
 
Elisabetta Brunella,
Secretary General, MEDIA Salles


 
L’exploitation cinématographique en 1997: résultats et tendances  
 
En 1997 L’Europe Occidentale a gagné des spectateurs.
Ainsi s’est confirmée la tendance vers une hausse générale des entrées qui - à part le “coup de hoquet” de 1995 - a caractérisé les années 90.
La modernisation des structures, mais aussi le succès des films de production nationale sont toujours des éléments très importants pour attirer le public dans les salles. Exception faite de la Norvège et de la Suède, les pays, grands et petits, de l’Europe Occidentale, ont vu se consolider ou progresser le nombre de leurs spectateurs.
Dans les cinq marchés les plus importants, ceux ayant vendu au moins 100 millions de billets, l’accroissement enregistré par rapport à 1996 varie du 0,75% de l’Espagne au 12,5% de la Grande-Bretagne, un pays qui est en effet passé de 123,5 millions de spectateurs en 1996 au chiffre record de 138,9 millions. Pour trouver un nombre d’entrées aussi élevé, il nous faut remonter jusqu’en 1974.
C’est en effet de cette époque que date l’amorce d’un phénomène de désaffection pour le cinéma qui avait fait chuter la fréquentation par habitant à 0,96 environ en 1984. En 1997, au contraire, chaque habitant britannique a acheté en moyenne 2,4 billets.
Si l’on considère qu’en 1997 la moyenne européenne était dans les 2 (elle était de 1,9 en 1996), la fréquentation enregistrée par la Grande-Bretagne se range désormais stablement parmi les meilleures de l’Ancien Continent.
Que les sujets de la Couronne aient repris goût au cinéma n’est d’ailleurs plus nouveau, ce qui étonne c’est qu’en 1997 les films britanniques (y compris les coproductions) aient gagné environ 26% du marché dans leur pays.
Une bonne partie de ce succès est due à Full Monty qui, en 1997, a réalisé à lui seul plus de 8% des recettes de la Grande-Bretagne. Ce film qui, à l’échelon mondial, a totalisé jusqu’ici plus de 200 millions de dollars de recettes, générées à hauteur de 83% par le marché européen, a vendu dans son pays plus de billets que n’importe quelle autre production britannique de tous les temps, devancé, au classement général, seulement par Titanic.
Par rapport à l’année passée, l’Allemagne aussi a enregistré un score record: 143,1 millions d’entrées qui, comparées à celles de 1996 (132,9) représentent une hausse de 7,7%. Peut-être est-il prématuré d’attribuer ce succès à l’inauguration de 25 nouveaux multiplex (en peu plus d’une année autant que durant la période de 1990 - 1996), mais le rôle propulseur joué par la production nationale est incontestable, elle a en effet gagné 16,7% du marché et compte trois titres au nombre des dix premiers films les plus vus. Dans ce classement, Knockin’ on Heaven’s door, Rossini et Kleines Arschloch, respectivement  en quatrième, cinquième et huitième position, ont totalisé presque dix millions d’entrées et conquis 7% du marché environ.
Une hausse des entrées semblable à celle allemande s’est vérifiée en France, qui s’est confirmé être le plus important marché cinématographique européen, enregistrant 148,9 millions de spectateurs et une hausse de 8,9% par rapport à 1996.
Le cinéma national a gagné environ 34% des entrées. Non seulement “Le cinquième élément”, film le plus vu de l’année, est un film français, mais dans les “top ten”, la troisième, la sixième et la neuvième place reviennent elles aussi à des productions françaises (La vérité si je mens, Le pari, Didier).
Le bon résultat des films français et le succès de films européens comme Bean et Full Monty expliquent l’endiguement relatif de la part de marché occupée par les films américains qui s’est établie à 52,5% environ.
Pour l’Italie aussi 1997 demeurera une année à ne pas oublier: le nombre de spectateurs a passé le cap des 100 millions, un seuil qui n’avait plus été franchi depuis 1987. Le chiffre de 102,8 millions indique une hausse de 6,6% par rapport à 1996 et une baisse de l’écart vis-à-vis de l’Espagne, quatrième marché cinématographique d’Europe.
En 1997, la hausse de ce marché a été modeste. Il ne faut cependant pas oublier que l’Espagne était sortie indemne de la baisse généralisée des entrées qui, en 1995, avait investi presque tous les pays européens: elle peut ainsi se prévaloir d’une augmentation de la fréquentation cinématographique sans relâche depuis 1988, qui lui a fait gagner 35 millions de spectateurs en dix ans.
En passant des grands marchés au plus petit de l’Union, c’est-à-dire au Luxembourg, nous ne pouvons pas ne pas être frappés par la hausse vertigineuse des billets vendus, supérieure à 57%.
Ce bond des entrées est lié à l’ouverture d’un nouveau complexe de dix écrans, construit à Kirchberg, à la périphérie de la capitale.
Géré par Utopia, la plus importante société d’exploitation du pays (en 1996 elle totalisait déjà plus de 75% des recettes), Utopolis voit une participation minoritaire du groupe belge Bert-Clayes. Avec ce multiplex le nombre d’écrans du Grand-duché passe de 17 à 26.
Les hausses des entrées dans tous les autres pays européens sont, elles, plus “normales“, et elles varient du 2,3% de la Suisse au 12,8% des Pays-Bas. Dans ce scénario, les seules exceptions sont représentées par l’Irlande, qui demeure essentiellement stable (+0,10%), par la Suède  (-1,2%) et par la Norvège.
En contre-tendance par rapport au reste de l’Europe (ou presque), ce pays a souffert d’une baisse des entrées de 4,7% eu égard à 1996. Malgré les succès obtenus dans des festivals d’envergure, le public des salles n’a pas accueilli les films norvégiens, parmi lesquels se distinguent Junk mail et Insomnie, avec le succès espéré.
L’année 1997 a été marquée par l’ouverture du premier multiplex construit par une entreprise privée, hors du système des cinémas municipaux qui, en Norvège, représentent plus de 90% du marché.
Les huit écrans du multiplex inauguré en décembre 1997 à Sandvika, à quinze kilomètres d’Oslo, ont obtenu un succès capable de préoccuper le principal exploitant de salles municipales de la Capitale, Oslo Kinematografer qui, avec ses trois millions environ de billets vendus chaque année, représente plus d’un quart du marché national.
La Norvège mise sur l’année 1998, et notamment sur l’effet Titanic, pour récupérer la baisse qui lui a été infligée en 1997 et se confirmer l’un des pays où la fréquentation cinématographique est nettement supérieure à la moyenne européenne. 
Alors que la situation des pays de l’Europe Occidentale est plutôt homogène et que nous pouvons parler d’une tendance générale à la hausse des spectateurs, celle des pays de l’Europe Centrale et Orientale est bien moins uniforme.
Partout, dans cette aire, le début des années 90 a été caractérisé par la chute généralisée de la fréquentation cinématographique – à l’époque, d’ailleurs franchement supérieure à la moyenne de l’Europe Occidentale – et par le brusque bouleversement de la structure du secteur de l’audiovisuel.
A la fin de la décennie, au contraire, cohabitent des situations présentant des signes de reprise et d’autres qui enregistrent la persistance de la crise. Parmi celles-ci, citons la Roumanie qui entre 1996 et 1997 a perdu un quart de ses spectateurs. La fréquentation moyenne dans l’un des pays les plus peuplés de cette aire (22,6 millions d’habitants) est passée à un impressionnant 0,4, dramatiquement en contraste avec le 8,8 de 1989.
Egalement négative la tendance de la Bulgarie. En effet, si en 1997 elle a subi une baisse limitée du nombre des spectateurs (0,5%) par rapport à 1996, en 5 ans elle a vu passer à un dixième la quantité des billets vendus (de 20 à 2 millions).
Sur cette réduction draconienne de la consommation cinématographique pèse, bien évidemment, la crise qui a touché le pays, dont le taux d’inflation (estimé à environ 1 000%) est l’un des indicateurs les plus éloquents. Pour saisir un des effets produits sur le secteur cinématographique, il suffit de penser qu’entre 1996 et 1997, le prix moyen du billet, en devise locale, est passé de 114 Leva à 1 429 Leva.
Baisse des spectateurs également en Slovaquie, qui clôture 1997 en perdant 800 000 spectateurs (16,7%) par rapport à 96, et en Slovénie. D’ailleurs ce pays est, avec la Hongrie, le seul de cette aire à avoir conservé une fréquentation moyenne supérieure à un (1,3).
Des signes plus encourageants viennent au contraire de la Hongrie, de la République Tchèque et de la Pologne, marchés où la chute des entrées semble désormais s’être arrêtée.
Dans ces pays, le secteur de l’exploitation paraît orienté à assumer des caractéristiques nouvelles, semblables à celle des marchés occidentaux: prix des billets nettement plus élevés, fréquentations moyennes fort éloignées de celles des années 80, mais en ligne, par exemple, avec celles des Pays-Bas, renouvellement du parc des salles après la fermeture d’un très grand nombre de cinémas, position dominante des productions d’Outre-Atlantique.
Dans ce processus, notamment en ce qui concerne la modernisation des structures, la Hongrie, qui a vu ses spectateurs augmenter de 21,4% en 97, est le marché le plus dynamique.
A Budapest, au cours de ces dernières années, des complexes à l’avant-garde ont été ouverts, comme l’Hollywood Multiplex (9 écrans) et le Cineplex Odeon (6 écrans), construits ex novo, ou fruit de la transformation de grands cinémas de la tradition, comme le Corvin (6 écrans) en centre-ville.
La Pologne qui, en 1997, a gagné plus de deux millions de spectateurs (+ 10,7% par rapport à 96), ou la République Tchèque qui a enregistré une hausse en pourcentage à peu près semblable (+ 10,9%), figurent elles aussi parmi les marchés les plus prometteurs pour l’ouverture de multiplex, ainsi que l’indiquent les premières réalisations et la floraison de projets surtout de la part de grands groupes actifs à l’échelon international, comme UCI, qui, à Poznan a inauguré le Multikino, premier multiplex polonais (8 écrans), ou Ster-Kinekor.
 
Elisabetta Brunella,
Secrétaire Générale de MEDIA Salles